Nota chiarificatrice circa alcune parole del Santo Padre: "L’uomo ha bisogno di Dio, ma Dio non ha bisogno dell’uomo"

di padre Giovanni Cavalcoli
Nel corso l’Udienza Generale del 7 giugno scorso, il Papa ha pronunciato le seguenti parole: “il Vangelo di Gesù Cristo ci rivela che Dio non può stare senza di noi: Lui non sarà mai un Dio ‘senza l’uomo’; è Lui che non può stare senza di noi, e questo è un mistero grande! Dio non può essere Dio senza l’uomo: grande mistero è questo! E questa certezza è la sorgente della nostra speranza, che troviamo custodita in tutte le invocazioni del Padre nostro”. 
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Queste parole potrebbero a tutta prima farci venire in mente la famosa tesi di Hegel: “Dio senza il mondo non è Dio”. Se così veramente fosse, sarebbe un’affermazione gravissima, gravida di conseguenze disastrose sul piano teologico e su quello morale, poiché è chiaro che Dio è del tutto sufficiente a Se stesso e può esistere benissimo anche senza l’uomo.  
E difatti, Egli esisteva già perfetto, beato e completo da solo e da Sé, dall’eternità, prima che creasse il mondo. Egli è perfezione suprema, infinita e assoluta. Nulla Gli si può aggiungere. Nulla Gli manca. Nulla Gli si può donare. Ciò che Gli doniamo sono quei doni che ha dato a noi.
Da nulla la sua essenza può essere completata, neppure dalle creature più sublimi. Dio è l’assolutamente Necessario, mentre l’uomo è contingente creatura. Egli è di per Sé Tutto; la creatura di per sé sono nulla e tutto ciò che è, lo è da Dio. 
Egli certo è Amore per essenza, ha dato suo Figlio per la nostra salvezza, ma resta sempre che avrebbe potuto benissimo non esercitare questo amore verso il mondo, perché, se avesse voluto, avrebbe potuto non crearlo. 
Dio ha creato il mondo per puro amore e con un atto di liberissimo consiglio (liberrimo consilio), come dice il Concilio Vaticano I, lo ha creato per puro e gratuito amore, senza essere assolutamente necessitato dalla struttura della sua essenza, così come invece operano gli agenti fisici subumani. 
Pensare che Dio, per esistere, abbia bisogno del contributo fattivo o ideale dell’uomo, perché da solo non ce la fa, conduce l’uomo a credere di poter essere indispensabile a Dio e di plasmare l’essenza di Dio, per cui Dio diventa un idolo, “opera delle mani dell’uomo” (Sal 135, 15), prodotto del pensiero umano, come nell’idealismo. Da qui la tentazione dell’uomo di credersi un dio o di identificarsi con Dio o di sostituirsi a Dio. Cioè, se l’uomo non ci fosse, Dio non ci sarebbe. 
Ora, non possiamo assolutamente neppure sospettare che il Papa abbia inteso cose del genere, nonostante il suo modo di esprimersi non sia stato dei più felici, e avrebbe necessitato, a mio avviso, almeno di qualche precisazione. Inoltre, il Papa non avrebbe fatto male a mettere in guardia dal rischio di un’interpretazione che porta al panteismo e all’ateismo, oggi molto diffusi. 
Le sue parole invece possono essere intese in un senso mistico-affettivo-operativo e inoltre come riferite al mistero dell’Incarnazione, in tre modi. 
Primo, in un senso mistico-affettivo: è come il linguaggio degli innamorati, come quando l’innamorato dice alla sua amata: “senza di te non posso stare”. 
Secondo, in Cristo Dio ha in certo modo voluto aver bisogno dell’uomo. Lo mostra Cristo che chiede da bere alla samaritana, e ancor più lo mostra la sua richiesta di collaborazione all’opera della salvezza, benché poi la nostra libera risposta sia dono della sua misericordia.  
Terzo, le parole del Papa vanno intese come riferite al mistero dell’Incarnazione: Dio si è unito in Cristo per sempre all’uomo, e nulla potrà mai scindere questa unione. L’unione dunque di Dio con l’uomo in Cristo è però una necessità di fatto, non di diritto. Se la concepissimo come fusione delle due nature umana e divina, cadremmo nell’eresia cristologica contraria al dogma della distinzione delle due nature del Concilio di Calcedonia. 
Questa consapevolezza, ci dice il Papa, che Dio in Cristo Si è legato per sempre all’uomo, è certo sorgente per noi di grande confidenza nel Padre, di consolazione e di speranza, che tuttavia non deve eccedere in una falsa certezza di salvarci in ogni caso e senza condizioni, annullando un santo timor di Dio, perché resta sempre in ciascuno di noi la responsabilità di corrispondere o meno a tanto amore, perché, se ci sottraessimo col peccato, a nulla ci servirebbe l’opera  della redenzione. Ricordiamo infatti le famose parole di S.Agostino: “Colui che ti ha creato senza di te, non ti salva senza di te”. 
Padre Giovanni Cavalcoli, OP  - Varazze, 8 giugno 2017

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