Peccato o fragilità?


È giusto parlare di fragilità invece che di peccato, soprattutto durante la sacra liturgia? Il significato di un termine e dell'altro, con le relative differenze spiegato dal prof. Giovanni Zenone.

Alla ricerca dell'Assoluto - NUOVA USCITA!

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Alla ricerca della felicità. Si potrebbe definire così il percorso che ha portato l’Autrice, sin dalla più tenera infanzia, a rifiutare le regole del mondo per inseguire quella vita felice, realizzata e piena di senso che da sempre sentiva di poter vivere. Una ricerca difficile, vissuta nella ribellione alle convenzioni e gettandosi nella frenesia della vita, sino alla fuga nella calma della natura, alla ricerca di senso nella Chiesa; solo così è riuscita a sperimentare la Pace nel silenzio e nella meditazione, e a svuotare la sua mente piena di dubbi e domande. Così sono emerse le risposte che Dio aveva già messo nel suo cuore. Grazie a questo percorso con l’aiuto di altri “cercatori dell’Assoluto”, l’Autrice trova infine un senso alla ricerca e la sua missione: aiutare le persone a trovare la felicità che Dio ha nascosto da sempre nelle profondità di ognuno di noi.

La cattiveria quotidiana 2136

dei coniugi Biagini
Mostri. “Oh, ecco lì la solita troietta pronta a prostituirsi per un ricarica di telefonino: abbordiamola.”

Tutti i suoi gesti terreni erano rivolti al Cielo

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Tutti i suoi gesti terreni erano rivolti al Cielo e la sua mistica semplice è qualcosa di assolutamente scandaloso per il mondo cinico di oggi. La genuinità e la sua spontaneità di San Francesco ci indicano la strada per una fede semplice, libera dagli orpelli e restituita alla sua essenzialità.

Da "San Francesco d'Assisi" di Gilbert Keith Chesterton

La cattiveria quotidiana 2135

dei coniugi Biagini
Mostri. “Accidenti, ho di nuovo finito il credito del telefonino. Ci sarà un maschio giusto per aiutare una povera tredicenne?”

Credere nella famiglia: l'ultimo libro di Gilberto Gobbi

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di Sabino Paciolla
È uscito in questo mese nelle librerie italiane un bel libro dal titolo: “Credere nella famiglia – Un percorso nella relazione coniugale e nella formazione della famiglia”, Fede & Cultura, 2020, scritto dal prof. Gilberto Gobbi, Psicologo-Psicoterapeuta – Sessuologo Clinico. 

Come dice il titolo, il libro è un viaggio nella famiglia vista nelle sue fasi e nelle sue problematiche che inevitabilmente incontrerà, affrontate dal punto di vista psicologico ma con un respiro che attinge alla fede cattolica. Non siamo dunque in presenza di un semplice manuale asettico, scritto da uno specialista.

La possibilità di autodistruggersi
Prima però di addentrarsi nel cuore del tema, l’autore fa un riferimento al quadro generale in cui la famiglia oggi è immersa ed al valore intrinseco che essa rappresenta. 

L’autore precisa che: “La continuità dell’umanità sta nella stabilità della natura umana, che è costante nella sua identità e garantisce, attraverso questa complessa e misteriosa reciproca attrazione del maschile verso il femminile, non solo la continuità della specie, generando nuove vite, ma la dimostrazione della capacità umana di saper condividere, amare e coinvolgersi nella vita di un’altra persona”.

Gobbi però avverte subito che “In questo momento la cultura (…) non si presenta garante dell’integrità della persona umana e dell’umanità in generale.

Tuttavia, mi preme sottolineare come l’umanità abbia due profonde tendenze conflittuali, insite nell’uomo in quanto uomo: da una parte la capacità di identificarsi e di realizzare le potenzialità individuali e sociali, dall’altra la possibilità di autodistruggersi, attraverso la diffusione e l’attuazione di ideologie, che sono di per sé annientatrici”.

E qui l’autore esplicitamente mette in evidenza il rischio che la famiglia sta correndo in questo frangente storico:

“In quest’epoca, la cultura è dominata da una ideologia particolarmente perniciosa nei confronti dell’istituzione famigliare. L’oggetto da destrutturare, da demolire, da annientare è la famiglia naturale, costituita da un uomo e da una donna, in nome e per conto di chi accampa diritti, che l’onestà scientifica e il dato di realtà assolutamente non vedono”

La famiglia come l’individuo 
Il prof. Gobbi esemplifica il quadro della famiglia dicendo che: “Come avviene per l’individuo, anche la famiglia nasce, si sviluppa, si trasforma e muore nell’arco di una generazione.” Con momenti critici nei passaggi obbligati da una fase all’altra. 

Ma la capacità e la modalità di affrontare questi passaggi critici è diversa tra il marito e la moglie, tanto che l’autore dice che “per certi aspetti si potrebbe parlare di ‘più matrimoni’: quello del marito e quello della moglie dentro lo stesso matrimonio”.

Gobbi per aiutarci a capire le dinamiche, suddivide la vita della famiglia in varie fasi topiche: “Il periodo del fidanzamento”, “la coppia con il matrimonio”, “la coppia con la nascita dei figli”; “la famiglia con i figli adolescenti”, “l’uscita dei figli dalla famiglia”, “la coppia nell’età anziana”.

Fidanzamento
La parola “fidanzamento”, a parere di Gobbi, è una parola che è stata resa desueta, sostituita da altre locuzioni come “i due stanno insieme”, “si sono messi insieme”, ecc. E invece, dice l’autore, il termine fidanzamento ha delle connotazioni che nessuna forma linguistica ha, e che definisce “una fase importante, determinante, decisiva per la formazione della coppia e della famiglia”. In questa fase, molti problemi, se non adeguatamente affrontati, le cui ragioni possono essere legate alla superficialità, alla mancanza di approfondimento e di chiarezza, alla paura di essere lasciati o semplicemente alla vigliaccheria, si presenteranno durante il matrimonio in maniera amplificati, aggravati e persino dirompenti. Ognuno degli attori in causa, durante questa importante e delicata fase, porta con sé la propria storia cognitiva e affettiva, il vissuto dei rapporti famigliari e sociali, ecc. Pertanto, l’invito che il prof. Gobbi dà a coloro che vivono il fidanzamento è quello di parlare il più possibile, si incontrarsi e scontrarsi, ma di chiarire gli eventuali problemi, sfatare i miti e le illusorie attese. E se le cose non dovessero andare per il verso giusto, il prof. Gobbi non ha dubbi: “Meglio lasciarsi prima del matrimonio”.

A questo proposito, e per meglio inquadrare questa fase, il prof. Gobbi approfondisce le 3 fasi dello sviluppo della personalità, che tanta incidenza avranno nell’esito finale del fidanzamento. 

Egli nel suo libro mette il dito nella piaga dei diritti pretesi che tanti danni stanno facendo alla coppia. L’autore parla degli atteggiamenti irrealistici, come il cosiddetto “diritto all’amore e alla felicità”, che spesso si verifica oggi in tante coppie. Tale “diritto” è caratterizzato dal fatto che ci si attende dall’altro/a tantissimo, non rendendosi conto che lui/lei potrà corrispondervi solo entro certi limiti. “Chiaro che con questa mentalità [del diritto all’amore] la relazione può continuare finché c’è gratificazione, poi si va altrove a cercare la ‘felicità’, perché ‘è un mio diritto?”, conclude l’autore.

Il prof. Gobbi mette anche in evidenza un’altra delle caratteristiche negative odierne che interessa le coppie: “l’infantilizzazione”. Essa è il frutto dell’attività dei media e dei social che fa credere ai giovani che “tutti i problemi personali e sociali si risolvano trovando la persona giusta, ritenendo che il matrimonio dia un senso alla vita, ponga fine alla solitudine e offra un luogo (una casa), quale spazio psicoaffettivo  di serenità e soddisfazione delle attese affettive e delle esigenze sessuali”. Come si vede, questa è una concezione sentimentale del matrimonio, lontana dalla dinamica reale, che vede nel matrimonio un automatico toccasana alle problematiche personali. Ma la realtà è ben più complessa, e non così semplificata come si vuol far credere. Da qui lo scoraggiamento e dunque la sfiducia verso il matrimonio. L’esito è la sempre più diffusa preferenza per la convivenza.

Il matrimonio
Successivamente, il prof. Gobbi passa alla coppia che ha scelto di unirsi nel matrimonio. Enuclea le problematiche, le sfide, le difficoltà come quella di staccarsi dal cordone ombelicale rappresentato dal rapporto con i genitori e dalla contestuale necessità di riconoscere e tener presente il debito affettivo che si deve agli stessi.

Spiega i tre fattori dell’unione coniugale rappresentati dalla:

a) “intimità psicologica”, precisando che “saper comunicare è difficile, perché è molto arduo saper ascoltare”;

b) “passione e attrazione psicofisica”, mettendo in guardia dall’illusione che “spesso si ritiene che sia sufficiente una forte attrazione fisica per avere la sicurezza di un buon funzionamento relazionale e della continuità della coppia”;

c) “scelta/decisione”, allertando contro il rischio di una strumentalizzazione reciproca sintetizzata dalle parole “mi piace”, quando queste sottintendessero “scegliamo di stare insieme finché ci piacciamo….poi si vedrà”.

Molti matrimoni, dice il prof. Gobbi, capitolano sotto i colpi “dell’ideologia imperante fondata sulla autosufficienza narcisistica che esalta la dimensione individuale a scapito della reciprocità”. E’ il trionfo aberrate dell’individualità e dell’esaltazione dell’individualismo e del “sé grandioso infantile”.

A tal proposito l’autore dice: “L’atrofizzazione dovuta a questi aspetti crea delle persone monche, affettivamente e narcisisticamente chiuse in sé stesse, bloccate nello sviluppo della trascendenza, nell’apertura sociale e nella reciprocità. E’ la situazione dell’’io sono fatto così!’”.

Un amore che genera
Gobbi afferma che un aspetto fondamentale della continuità e della crescita coniugale è quello di essere aperti alla vita. “L’apertura responsabile alla vita è una garanzia della continuità non solo della specie, ma della stessa coppia, perchè l’amore genera vita e continuità”.

La fecondità e generatività sono aspetti che la cultura attuale, e di converso la coppia, potrà anche tentare di soffocare o anche negare ma, precisa Gobbi,  non potrà mai cancellare perché sono “un desiderio profondo, inconscio dell’uomo in quanto specie umana”.

Gobbi affronta poi una delle trappole in cui può cadere uno o entrambi i coniugi, e per chiarirla distingue tra figlio “ideale”, quello che dovrebbe realizzare i desideri inconsci dei genitori, e figlio “reale”, quello che si sviluppa in base alle proprie concrete potenzialità nelle situazioni tangibili della vita. E’ un aspetto che si accentua oggigiorno con la tendenza al figlio unico, sul quale si riversano tutte le attese, i sogni e i desideri mai realizzati nella vita personale pregressa dei genitori stessi.  

Il libro continua enumerando ed approfondendo tanti altri aspetti della vita della famiglia, dall’adolescenza alla esperienza dell’uscita dei figli dalla famiglia, al ritorno ad essere “nuovamente fidanzati”, cioè senza figli, alla problematica dei genitori anziani e malati, e così via. 

Si potrebbe dire tanto altro ancora. Ho voluto solo fare un abbozzo per dare un’idea di quello che il lettore interessato potrà trovare.

Quello che è certo è il fatto che siamo di fronte ad un libro semplice e completo, ben comprensibile, alla portata di tutti, e che funge da quadrante o da bussola per la comprensione delle complesse dinamiche della vita di coppia, dal momento in cui i giovani si conoscono ed intuiscono quella scintilla di bene che li porterà al matrimonio, fino alla coppia anziana….che continua a volersi bene perché prosegue nell’approfondimento di quella intuita scintilla iniziale di bene. 

Un libro senz’altro da leggere. 



Gilberto Gobbi,  Credere nella famiglia. Un percorso nella relazione coniugale e nella formazione della famiglia,  Fede & Cultura, 151 pagine, (23 gennaio 2020). 

da Sabino Paciolla Blog, Credere nella famiglia, 29 gennaio 2020

La cattiveria quotidiana 2134

dei coniugi Biagini
Mostri. “Ecco il telegiornale, caro; vedi quel muro contro cui gli islamici hanno massacrato quelle suore? Ebbene, non ti pare che quel colore rosato sia proprio la sfumatura giusta per la tappezzeria della nostra camera?”

Vanitoso

«Nessuno è più vanitoso, nessuno più assetato di plauso e consenso dell’intellettuale»
Hermann Hesse, Viaggio a Norimberga

Lei è una madre sollecita

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Come a Cana di Galilea, Lei è una madre sollecita: si preoccupa che non venga mai a mancare il buon vino della fede e della speranza in un mondo che è continuamente bersagliato dagli attacchi del nemico; è lei che ci spinge a obbedire alla volontà del Figlio che dalla croce ci ha affidati a lei. 

Da "Testimone dell'amore" di Ugo Sauro.

San Tommaso d'Aquino - Stefano Fontana

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Cari amici di Fede & Cultura, oggi, festa di san Tommaso d'Aquino, riportiamo alcune pagine del libro di Stefano Fontana La sapienza dei medievali che fanno parte del capitolo dedicato a san Tommaso. Per onorare la santità dell'intelligenza donataci da Dio non c'è modo migliore che usarla sulle orme di colui che in questo è maestro sommo.
Buona lettura!
Prof. Giovanni Zenone Ph.D.
Direttore
Fede & Cultura

San Tommaso d'Aquino

Doctor angelicus et communis

Nessun pensatore cristiano è stato onorato dai pontefici come san Tommaso d’Aquino (1225-1274) e tanto segnalato come esempio di corretto uso del pensiero. Ciò non accadde però subito. Anzi il vescovo di Parigi Stefano Tempier condannò alcune sue tesi considerate “aristoteliche”. Le accuse ebbero vita breve e infatti la sua canonizzazione avvenne molto presto, nel 1323, da parte di Giovanni XXII. In sede di canonizzazione il Papa pronunciò la famosa frase: “Tommaso ha illuminato la Chiesa molto più di tutti gli altri dottori e tramite i suoi libri una persona ottiene più vantaggi in un solo anno che non dedicando l’intera sua vita ai libri degli altri”. Nel 1567 Pio V lo proclamò “Dottore angelico”, titolo che si aggiunse a quello di Doctor communis. Durante il Concilio di Trento i Padri vollero che in mezzo all’aula delle adunanze, insieme ai Libri della Sacra Scrittura e ai decreti dei Pontefici romani, fosse collocata, aperta sull’altare, la Summa di san Tommaso.
È però in epoca moderna che l’indicazione di san Tommaso come maestro di verità cristiana viene maggiormente espressa dal magistero della Chiesa. Il 4 agosto 1879 papa Leone XIII pubblicò l’enciclica Aeterni Patris. Nella cultura del tempo dominava il materialismo della filosofia del Positivismo, che era diventata la filosofia ufficiale dei nuovi Stati europei. Leone XIII chiese allora un “ritorno a san Tommaso”, proponendolo come maestro non solo nella teologia, ma anche nella filosofia. Nella Aeterni Patris il Papa esorta i maestri “a far penetrare negli animi dei discepoli la dottrina di san Tommaso d’Aquino, mettendo in luce la saldezza e l’eccellenza di essa in confronto a tutte le altre”. L’anno successivo, il 4 agosto 1880, lo stesso Pontefice proclamava san Tommaso d’Aquino patrono delle scuole cattoliche.
San Pio X riprese l’indirizzo di Leone XIII, teso a far riscoprire il pensiero di san Tommaso contro il modernismo che stava entrando nei seminari, e in un Breve del 1904 disse che “discostarsi da san Tommaso di un solo passo, principalmente nelle cose della metafisica, non sarebbe senza danno grave”. Nel 1914 la Sacra Congregazione per gli studi religiosi, per volontà del Papa, redasse 24 tesi tomistiche che venivano indicate come contenenti sicuramente la dottrina di san Tommaso. Il successore Benedetto XV confermò le 24 tesi. 
L’indicazione di san Tommaso come prima fonte di ispirazione fu decretata anche dal Codice di diritto canonico del 1917, da Pio XI nell’enciclica Studiorum ducem, da Pio XII nella Humani generis del 1950 e dal Codice di diritto canonico del 1983.
In occasione del Concilio Vaticano II fu ricusata la proposta della Commissione preparatoria, ma ugualmente il Concilio indica per esempio san Tommaso. Il decreto Optatam totius e la dichiarazione Gravissimum educationis lo propongono come esempio primario.
Paolo VI disse che quella di san Tommaso è “la filosofia naturale della mente umana”. Giovanni Paolo II alimenta la sua enciclica Fides et ratio (1998) di numerose tesi di san Tommaso e ha ricordato che il Santo “è sempre stato proposto dalla Chiesa come maestro di pensiero e modello del retto modo di fare teologia”. Il Catechismo della Chiesa Cattolica, promulgato da Giovanni Paolo II nel 1992, cita san Tommaso di gran lunga più di ogni altro teologo cattolico. 
Nonostante questi richiami autorevoli, è indubbio che la teologia cattolica abbia di gran lunga trascurato san Tommaso negli ultimi tempi, sostituendogli i pensatori moderni, oppure rifiutando la possibilità stessa della metafisica, e tutto questo, come diceva Pio X, “con grave danno” per la Chiesa. Oggi in molti seminari lo studio di san Tommaso è addirittura interdetto e Ordini religiosi che si rifanno al suo insegnamento vengono sanzionati.

Il metodo realista del tomismo

La filosofia di san Tommaso è la piena espressione del realismo metodico. Non che il tomismo sia solo un metodo né che lo sia prevalentemente, anzi separare metodo da contenuto è già una concessione all’idealismo. Il realismo parte dall’essere e ritorna sempre all’essere come criterio di verità. L’idealismo, invece, parte dalla coscienza o dal pensiero per arrivare poi all’essere. Però non ci può riuscire, perché se si parte dalla coscienza vuol dire che si parte non dalla realtà, ma da come noi vediamo la realtà e questa prospettiva soggettiva non ci abbandonerà poi mai più perché, essendo il punto di partenza, è anche il fondamento. Bene esprime tutto questo Étienne Gilson: per l’idealista

il proprio mondo dell’esperienza è una scenografia e, dietro questa scenografia, c’è qualcos’altro; egli tuttavia non può guardare dall’altro lato della scenografia per vedere ciò che vi accade giacché, ogni volta che tenta di farlo, le condizioni a priori dell’esperienza trasformano in una nuova scenografia quanto si nascondeva dietro la vecchia.

Per le varie forme di idealismo, quindi, si rimane prigionieri della nostra coscienza o, se si vuole, del proprio punto di vista, e l’essere ci rimane precluso. L’idealismo quindi è destinato al fallimento: pretende di arrivare meglio all’essere e non ci arriva mai. 
Si può dire anche che l’idealismo finisca per essere una forma di volontarismo: l’impossibilità di conoscere direttamente l’essere se non passando dalla propria coscienza è un assunto non dimostrato, espressione quindi di una volontà più che di una conoscenza. Sul carattere postulatorio del razionalismo moderno sono concordi molti autorevoli interpreti come Augusto Del Noce, Cornelio Fabro, Joseph Ratzinger. Esso libera la coscienza dalle verità che essa stessa non si sia date, trasformandola così in un atto di volontà pura e incondizionata. In questo modo l’idealismo si manifesta come prassismo, dato che la volontà muove la prassi non secondo una verità, ma secondo il soddisfacimento di se stessa nell’azione. Ma l’azione per l’azione, senza regole che non siano la propria soddisfazione, conduce l’idealismo al nichilismo, ossia a una esistenza senza fondamenti di senso.
Per il realismo invece il nostro intelletto, tramite l’insostituibile strumento dei sensi, conosce originariamente l’ente. L’idealismo nasce dallo scetticismo, ossia dal dubbio di poter conoscere l’essere, invece il realismo nasce dalla certezza di conoscere l’essere. Il problema di “come” si conosce viene dopo la conoscenza dell’essere: prima si conosce l’essere e, conoscendolo, si conosce anche come si conosce. Quando si cerca l’oggetto, è perché l’oggetto è già presente. Il domandare filosofico non precede la conoscenza del reale, la segue. Il problema gnoseologico, ossia relativo alla conoscenza, deriva dal problema metafisico, ossia dalla conoscenza dell’essere, che lo precede. La gnoseologia del realismo è una metafisica del conoscere e non una critica, una psicologia o una fisiologia del conoscere. Porsi la domanda “posso conoscere?” è già idealismo. Anteporre il metodo al contenuto è già idealismo. Fare l’analisi delle condizioni presenti a priori nella nostra coscienza per spiegare i contenuti della coscienza stessa, come farà Kant, significa mettere definitivamente da parte la possibilità di conoscere il reale. Tutti i criteri, sia conoscitivi che morali, derivano dall’apprensione dell’essere che è certa e immediata, il che non vuol dire ingenua né prefilosofica o irrazionale. La verità è adeguamento all’essere delle cose. Il bene è l’adeguamento della volontà all’essere delle cose in quanto desiderabile nel suo finalismo. La libertà è l’adesione della volontà guidata dalla ragione alle leggi del reale. 
San Tommaso d’Aquino non è l’unico pensatore realista, è però stato realista nel modo più rigoroso e completo. Egli ha costruito la più matura sintesi di relazione tra ragione e fede cristiana, dato che il cristianesimo contiene in sé implicita una metafisica realista. Il realismo non può non elaborare una metafisica realista, dato che l’oggetto della metafisica, ossia l’essere in generale, è presente fin da subito all’intelletto umano. Se priviamo i dogmi della fede cattolica della metafisica realista che li sostiene essi decadono a sentimento o a semplice esperienza. San Tommaso purifica e completa tutte le forme di realismo precedenti e contiene virtualmente tutte le forme di realismo successive.
La filosofia classica greca e cristiana è, seppure in diverse forme e modalità, sostanzialmente realista. Anche il filone platonico e agostiniano non può essere considerato idealista. La centralità della coscienza non ha qui niente a che fare con l’idealismo moderno, ma si sostanzia di una metafisica realistica anche se perseguita per via più spiccatamente interioristica e anamnesica. C’è senz’altro una grande differenza di impianto tra san Tommaso e san Bonaventura, ma non possono essere considerati come il realismo di fronte all’idealismo. Invece, deve essere considerata idealista la filosofia moderna ed è nei confronti della modernità come categoria filosofica che il realismo tomista assume una posizione di antidoto e contrapposizione. Qui l’opposizione dei due impianti è evidente e irriducibile. 
Durante il percorso filosofico dell’epoca moderna, si faranno diversi tentativi per conciliare il realismo tomista con l’idealismo moderno, ma determineranno gravi danni filosofici, in modo particolare per la religione cattolica. Ciò avvenne, per esempio, all’università cattolica di Lovanio, dove la scuola del cardinale Désiré-Joseph Mercier (1851-1926) e di monsignor Joseph Maréchal (1978-1944) iniziò a costruire un “realismo critico”, operazione cui parteciparono filosofi come M-D. Roland-Gosselin, padre Gabriel Picard, Léon Noël. Il realismo critico consiste nel conciliare san Tommaso con Cartesio, anteponendo alla conoscenza metafisica dell’essere un esame critico delle possibilità e condizioni conoscitive del pensiero. Considerando il realismo troppo ingenuo, questi filosofi negano l’evidenza, ritengono bisognosa di spiegazione la conoscenza dei sensi, accettano l’evidenza intellettuale dell’io penso da cui partono poi – ma senza riuscirci – per spiegare l’esistenza del reale. Essi vogliono anche trovare in san Tommaso quello che non c’è e intendono conciliare quanto è invece irriducibile, ossia realismo (partire dall’essere) e idealismo (partire dal pensiero). Questa corrente di pensiero ha influenzato la teologia contemporanea, soprattutto ponendo le basi del pensiero di Karl Rahner, che si ispira proprio a Maréchal e che ha deformato il tomismo aprendo la teologia cattolica a sistemi filosofici immanentistici. Gli errori del realismo critico, ossia le storpiature del vero realismo di san Tommaso, hanno prodotto, a lungo andare, danni consistenti. 
Per il realismo Primo in intellectu cadit ens. L’ente che viene conosciuto dall’intelletto è l’ente concreto percepito tramite i sensi: Principium nostrae cognitionis est a sensu. Oggetto della conoscenza è l’ente particolare in quanto esiste, l’existens. Tutto il resto, compresa la sua essenza, lo conosciamo dopo. Dato però, come vedremo meglio più avanti, che l’atto per cui l’ente esiste è l’atto di ogni atto, possiamo dire che nell’apprensione dell’ente come esistente c’è anche l’apprensione di tutta la realtà. Questa visione immediata è quindi di tutto l’essere, il quale è tutto presente all’intelletto anche se in modo confuso (Initium cognitionis humanae est in quadam cognitione omnium). Ciò rende possibile la metafisica, che è la scienza del reale nella sua universalità. Il filosofo Cornelio Fabro dice che: «Una esperienza metafisica confusa dell’essere è alla radice di ogni conoscenza, anche della più semplice». Si tratta di una esperienza “confusa”, ossia non categorizzata (l’essere non è ancora diviso nelle varie categorie). 
Appartiene al realismo l’ammissione delle conoscenze del senso comune. Per senso comune si intende la conoscenza naturale, spontanea e immediata, da parte del nostro intelletto, di alcune verità reali, apprese in modo implicito e non ancora riflesso, come base di ogni successiva conoscenza e riflessione. Tutti gli uomini, indipendentemente dalla loro cultura, erudizione, consapevolezza, posseggono una grammatica naturale di conoscenze pre-analitiche. Esse sono concomitanti con l’apprensione dell’ente e ne scaturiscono naturalmente. Non si tratta di qualcosa di irrazionale né di prefilosofico, ma di qualcosa di già filosofico anche se in modalità implicita. Non sono a-priori, perché sono concomitanti, come già detto, con l’apprensione dell’ente come esistente e, quindi, dell’atto per cui l’ente esiste. Questo atto può essere detto “esse”, “essere”, “actus essendi”, “atto di essere”.
Le conoscenze del senso comune sono l’esistenza di un mondo di cose, l’esistenza dell’io come soggetto, il principio di non contraddizione, la libertà come causalità non causata, l’ordine finalistico e la moralità, Dio come fondamento. 
L’apprensione di un mondo di cose significa l’evidenza dell’esistenza della realtà oggettiva. Questa conoscenza riguarda tutto ciò che è e che nel linguaggio comune si chiama “mondo”.
Concomitante con ciò c’è anche l’apprensione dell’io come soggetto. Per la filosofia moderna la coscienza viene prima dell’essere. Il realismo tomista invece ritiene che la coscienza di sé non può che essere coscienza di essere, in quanto una coscienza vuota non sarebbe coscienza. Non si può avere coscienza del nulla. Non è possibile quindi derivare l’essere dalla coscienza, come vorrà fare Cartesio, ma il contrario: la coscienza stessa si fonda sull’essere. Soggetto e oggetto non sono quindi contrapposti, ma ambedue appartengono all’orizzonte primordiale dell’ente. 
Da dove ci derivano i primi principi? Secondo il realismo tomista l’apprensione dei primi principi, e in particolare di quello di identità e di non contraddizione, avviene nel momento stesso dell’apprensione intellettiva dell’ente. Nell’ente si coglie l’essere come irriducibile al non-essere, lo si coglie come non-contraddittorio e quindi si apprende il principio di non contraddizione. Impostazione diversa, come si vede, da quella di Agostino e san Bonaventura.
Il mondo viene appreso come ordinato e governato dal principio di causalità. Contemporaneamente, però, si capisce che il soggetto causa senza essere causato a sua volta da altro. Si fa così esperienza della libertà.
L’ordine del mondo è appreso come finalistico, per cui nasce la moralità come adesione a questo ordine finalistico.
Infine, all’interno di quella concezione globale e confusa dell’essere è già presente la nozione di Dio. Intuito l’essere, si conosce implicitamente anche Dio, suo fondamento in quanto l’ente mostra la propria insufficienza. Gli uomini possiedono una certezza dell’esistenza di Dio e questa conoscenza precede e motiva ogni dimostrazione rigorosamente scientifica della metafisica. Tale conoscenza di Dio, come condizione di tutto l’essere, è una conoscenza implicita in ogni altra conoscenza: “Ogni soggetto conoscente in ogni oggetto della sua conoscenza conosce implicitamente Dio”.

da Stefano Fontana La sapienza dei medievali

I Vangeli narrano fatti realmente accaduti?

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La Sindone è davvero il lenzuolo funebre di Gesù oppure si tratta di un falso medievale? I Vangeli narrano fatti realmente accaduti oppure sono semplici leggende? La risposta a queste domande non è secondaria, perché coinvolge profondamente la nostra vita. Di certo la Sindone è il reperto archeologico più studiato al mondo e i Vangeli ne costituiscono l’unica chiave interpretativa. 

Da "Luce dal sepolcro" di Marinelli e Fasol

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Indipendenza dall’Inghilterra

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Nel 1300 gli scozzesi cercavano (e ottenevano) l’indipendenza dall’Inghilterra con la spada in sanguinose ed eroiche battaglie iscritte nell’epopea nazionale, come si vede nel kolossal cinematografico Braveheart. Nel 1707, attraverso l'Atto di Unione approvato dai Parlamenti inglese e scozzese, la Scozia cessava di essere una nazione libera ed indipendente, ricadendo sotto il governo di Londra. Non è però stato possibile mettere da parte le spinte indipendentiste della regione, basate su una forte e persistente identità culturale e religiosa. 

Da "Il cardo e la croce" di Paolo Gulisano

La mia missione nel mondo


Quale missione conduce un laico, editore cattolico, per il Regno di Dio? Giovanni Zenone, presidente di Fede & Cultura, parla per la prima volta della sua missione nel mondo. Una grande prospettiva entusiasmante.

Visita: www.fedecultura.com

Ma l'Inquisizione ha fatto anche cose buone? - NUOVA USCITA!

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Il mito della Sicilia tollerante sotto la dominazione araba, l’inquisizione criminale, le crociate portate dai cristiani cattivi, il Medioevo delle streghe e dei roghi: miti che fanno parte di una “leggenda nera” ormai radicata e diffusa e di cui gli stessi cattolici parlano con imbarazzo, cercando addirittura di evitare l’argomento, quasi vergognandosene. Ma l’ignoranza della storia non serve a niente, anzi, è controproducente, tanto più che molto spesso le cose non sono come ci vengono raccontate. In questo libro Rino Cammilleri racconta le cose come stanno, o come sono sempre state, al di là della vulgata dominante, nella convinzione che i cattolici di oggi abbiano bisogno di essere nuovamente istruiti, nella storia come nella fede.

Che libri ho fatto leggere ai miei figli


Una singolare confessione di Giovanni Zenone, presidente di Fede & Cultura, padre di 6 figli. Che rapporto hanno i suoi figli con i libri? Ha saputo trasmettere l'amore per i libri ai sui figli? E la fede?

Visita: www.fedecultura.com

Catechismo di san Pio X: https://www.fedecultura.com/Catechismo-della-Dottrina-Cristiana-p62551401

Ci salverà il monachesimo: https://www.fedecultura.com/Ci-salver%C3%A0-il-monachesimo-p62551442

Credere nella famiglia - NUOVA USCITA!

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Il concetto di “famiglia naturale” è oggi sotto attacco da parte della cultura imperante, in nome e per conto di chi accampa nuovi diritti. Questo libro difende la famiglia naturale, quella costituita da un uomo e da una donna che si sono sposati perché si sono scelti, si vogliono bene, condividono la vita pur con le reciproche differenze; vivono dinamiche psicologiche contrastanti ma complementari, affrontano difficoltà relazionali e le superano. Negare tutto questo significa andare contro l’onestà scientifica e il dato di realtà. È questo tipo di famiglia il nucleo profondo della vita, che crede in se stessa e accetta il tempo che passa con i suoi cambiamenti.

La cattiveria quotidiana 2133

dei coniugi Biagini
Mostri. “Ma insomma, quando crepa il nonno? Dobbiamo andare in vacanza.”

Ai cattolici perplessi di oggi vorrei dire


Un appello ai cattolici perplessi che si chiedono cosa sta accadendo nella Chiesa Cattolica.
Giovanni Zenone, presidente di Fede & Cultura, parla al loro cuore.

Visita: www.fedecultura.com

San Francesco - NUOVA USCITA!

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Quella di Chesterton per San Francesco fu una passione che durò per tutta la vita. Quando scrisse l’opera a lui dedicata, nel 1923, non era passato nemmeno un anno dalla sua conversione al cattolicesimo. Non si tratta di una biografia in stile classico, ma un invito a leggere la figura del santo di Assisi sotto una luce nuova, attenta alla sua peculiare spiritualità e al contesto della sua epoca. Per Chesterton, Francesco è stato un uomo innamorato di Dio e della Creazione, un poeta che si sentiva piccolo e cantava la gloria delle piccole cose e dei piccoli esseri viventi. Tutti i suoi gesti terreni erano rivolti al Cielo e la sua mistica semplice è qualcosa di assolutamente scandaloso per il mondo cinico di oggi. La genuinità e la sua spontaneità di San Francesco ci indicano la strada per una fede semplice, libera dagli orpelli e restituita alla sua essenzialità.

La cattiveria quotidiana 2131

dei coniugi Biagini
“Dimmi, Fulgenzio, visto che ho vinto il concorso di bidello alle elementari, perché non posso anch’io giudicare il leader eletto dal popolo?” “Lasciamola lì, Terenzio, prima che ci troviamo sul collo un democratico arresto.”

Dal profondo del nostro cuore

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Il caso editoriale dell’anno: il libro scritto a quattro mani da Papa Benedetto XVI e dal Card. Robert Sarah in difesa del valore non negoziabile del celibato sacerdotale.

Il testo qui offerto è, dunque, qualcosa di eccezionale. Non si tratta di un articolo o di appunti raccolti nel corso del tempo, ma di una riflessione magistrale, insieme lectio e disputatio. La volontà di Benedetto XVI è chiaramente espressa nella sua Introduzione: «Di fronte alla persistente crisi che il sacerdozio attraversa da molti anni, ho ritenuto necessario risalire alle radici profonde della questione».

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Madri spirituali dell’antica Irlanda

di Paolo Gulisano
Il Cristianesimo irlandese dei primi secoli rappresenta una delle più straordinarie esperienze della storia della cristianità. Molto si è detto e scritto delle grandi figure di questa Chiesa, da San Patrizio, l’Apostolo dell’Irlanda, a San Brendano, a San Colombano, fino a San Malachia. Ancora si doveva leggere delle figure femminili dell’antica Irlanda, e Madri spirituali dell’antica Irlanda, il libro curato da Alberto Maria Osenga per Monasterium giunge a colmare questa lacuna offrendo le biografie di quattro figure di sante, tra cui Brigid, la Patrona d’Irlanda.

Nella comunità cristiana fondata da San Patrizio viene ricordata la presenza di donne. È il santo stesso a parlare, nella Confessione e nel suo altro scritto Lettera a Corotico delle donne, sia di nobile stirpe, che di condizione agiata, così come di schiave, probabili prigioniere di guerra, che entrarono a far parte della Chiesa primitiva. Alcune di esse, ricorda Patrizio, divennero vergini consacrate. La liberazione portata in Irlanda dall’annuncio di Patrizio riguardava tutti, anche le donne, che sono citate, come si diceva, come membra della Chiesa irlandese primitiva. Il volume ci racconta di Darerca, che sarebbe diventata madre di altri santi, di Samthann e Ita, e infine Brigid.

Oltre a Brigid di Kildare, la santa più famosa e celebrata, sono numerose le donne ricordate per il loro contributo all’edificazione della Chiesa delle origini in Irlanda, donne che vissero la loro santità sia come consacrate sia come spose e madri, nella propria isola come sul continente, esuli forzate o volontariamente missionarie. Si trattava di martiri, come Grimonia, uccisa per la Fede nel IV secolo presso Soissons, in Francia. La città di La Chapelle sorse intorno alla chiesa costruita a memoria di questa donna. I miracoli che seguirono la sua morte portarono al suo culto, e le sue reliquie, insieme a quelle di una sua compagna, anch’essa irlandese, Proba, furono conservate fin dal sedicesimo secolo nell’abbazia di Henin- Lietard a Douai.

Tra le altre figlie di Erin ricordate nel novero dei santi troviamo, nei primi tempi della Chiesa irlandese, la figura di Attracta. Il suo nome gaelico era Adhracht, un nome a lungo comune tra le ragazze irlandesi specie dell’ovest, area dell’isola di cui era nativa questa santa. Era infatti originaria di Achonry, nel Connaught, la più occidentale e selvaggia delle province irlandesi. La sua azione apostolica precedette quella della stessa Brigid: fu fondatrice di conventi nelle contee di Sligo e Roscommon, dove curava i malati e dava ospitalità e accoglienza ai poveri. La sua fama di santità si diffuse immediatamente dopo la morte, e le case da lei fondate divennero meta di pellegrinaggi, e il suo culto si diffuse in tutto l’ovest dell’isola.

Troviamo altre figure di sante fondatrici di monasteri, come Gobnait. Nativa di Ballyvourney, nella Contea di Cork, di questa santa del VI secolo si dice che fosse stata guidata da degli angeli nel trovare il luogo dove fondare il suo convento. Il nome gaelico significa “miele di api”, e la leggenda vuole che si servisse delle api per tener lontano i malintenzionati. La sua immagine raffigurata nella chiesa di Ballyvourney fu oggetto per secoli di grande devozione, invocata con successo per la cura di malattie.

Di questi ordini religiosi femminili della primitiva Chiesa Iberica, a partire dalla comunità di Santa Brigida, non è purtroppo rimasta alcuna traccia documentata delle regole. Tuttavia è possibile ritenere che si trattasse di una vita contemplativa attiva, fatta di preghiera e di lavoro in condizioni ambientali non sempre favorevoli, vissuta all’insegna di un cristianesimo esigente e appassionato. Se non ci sono pervenuti scritti, regole o statuti, quello che comunque è rimasto nella tradizione è stato il frutto di santità di quelle comunità, il segno di una presenza che trasformava profondamente la società.

Anche l’antico costume celtico del fosterage, l’adozione temporanea di figli, servì all’opera dell’evangelizzazione, come nel caso di Ita, o Mida, una donna della Contea di Limerick, vissuta alla fine del VI secolo, conosciuta come la “Brigida del Munster”, e che fu madre adottiva di diversi santi irlandesi, come il celebre Brendano di Clonfert. Fanchea di Rossory, nella settentrionale Contea di Fermanagh, nata all’inizio del sesto secolo, è ricordata come una delle prime suore nella storia irlandese. Fu lei a persuadere il fratello Enda, incerto sulla propria vocazione, a diventare monaco; una scelta felice, dal momento che Sant’Enda diventò uno dei fondatori del monachesimo irlandese.

Tra queste figure femminili della Chiesa irlandese delle origini tuttavia si distingue in modo incomparabile colei che accanto a San Patrizio siede come patrona d’Irlanda Santa Brigida, ovvero Brigid di Kildare, colei che è considerata la Maria dei Gaeli, la grande santa cristiana che portava il nome di una antica dea. Brigida contribuì in modo decisivo a diffondere il cristianesimo nell’isola di smeraldo secondo le sue forme squisitamente celtiche, ovvero mistiche, poetiche, visionarie, conciliandolo con l’antica sensibilità spirituale.

Le antiche fonti agiografiche ci danno testimonianza di una personalità eccezionale, di una donna che seppe vivere ed interpretare i sogni che la abitarono, che seppe dare concretezza alle promesse annunciate da Patrizio, riuscendo così a trasfigurare il proprio mondo. Ella sapeva contagiare col proprio entusiasmo tutti coloro che venivano in contatto con lei: in lei c’era tutta la forza, l’energia, la tenerezza e la determinazione delle antiche figlie di Erin, illuminata e consolidata dalla potenza della Fede cristiana. Rappresentò quindi la principale figura ponte tra l’antico paganesimo e la nuova fede.

Era nata nel 462, l’anno in cui Patrizio fondava la prima delle sue scuole ad Armagh, ma non esiste alcuna documentazione che i due santi si siano mai incontrati, anche se una leggenda vuole che i genitori di Brigida fossero stati battezzati dallo stesso Patrizio. Kildare, il suo luogo di nascita, un villaggio situato a circa trenta miglia ad ovest dell’attuale Dublino, era una delle località dove più precocemente si era formata un’attiva comunità cristiana. Il suo nome in lingua irlandese, Cill Dara, significa “la Chiesa della quercia”, che era stato l’albero sacro della religione druidica.

Quando Brigida fondò a Kildare il suo primo convento, intorno al 490, volle che nell’interno della chiesa ardesse in permanenza il sacro fuoco, vegliato dalle monache, a ricordo di quello acceso da Patrizio a Tara. Il nome Brigid deriva etimologicamente dal termine celtico brig che significa forza, valore, e quindi colei che è eccelsa. Tale nome ricorre in toponimi sia inglesi che continentali, come Brigantia, Bregenz, Briançon, Brianza.

La Chiesa fissò la sua festa liturgica nella data del 1 febbraio, facendola cioè coincidere con l’antica festività celtica di Imbolc. Questa era la seconda delle quattro grandi feste dell’anno celtico e cadeva appunto il 1° febbraio. Il termine significa “lustrazione” e il rituale ha lasciato ampie tracce nel folklore. Nella tradizione irlandese la festa era verosimilmente connessa con la dea Brigit e indicava l’esaltazione del fuoco e dell’acqua lustrale. Una festa di purificazione, significato che conserva tuttora nel suo aspetto cristianizzato: festa della Purificazione della Vergine e della Candelora.

Come già accaduto per altre antiche festività pagane, come Samain, il capodanno celtico del 1° novembre, divenuto festa dei Santi e dei defunti, al posto di Imbolc e della antica dea Brigid subentrò, proprio il 1° febbraio, il culto di Santa Brigida, la quale ereditò alcune caratteristiche della dea sua omonima: essa resta infatti ancora oggi protettrice di fabbri, poeti e medici e viene raffigurata nell’arte con una fiamma sopra la testa e, a volte, con accanto una mucca, che fu un altro attributo di Brigid.

Le interpretazioni della figura di Santa Brigida come una semplice sovrapposizione a precedenti culti druidici, per quanto suggestive, vengono smentite dalle fonti storiche che testimoniano l’esistenza di antichissime congregazioni femminili, che si raccoglievano in preghiera in cappelle e oratori. Il volume di Monasterium ci propone il testo del primo biografo della santa, Cogitosus, un monaco del VII secolo. Oltre alla narrazione agiografica, il testo ci fornisce una descrizione vivida della vita monastica irlandese, un modello che si diffonderà in molti paesi soprattutto dell’area celtica.

In conclusione, queste vite di sante ci fanno comprendere che il Medioevo, dalle sue origini fino al XIV secolo, valorizzò pienamente la santità femminile, e ci sarebbe voluta poi tutta l’energia della modernità per respingere la donna ai margini della vita sociale e religiosa, illudendola di una sedicente “emancipazione”, ma di fatto relegandola in una posizione borghesemente subordinata.

Bergoglio e Ratzinger, il vaticanista Valli a Libero: "La guerra continuerà, chi vuole distruggere la Chiesa"

Aldo Maria Valli, autore di L'ultima battaglia
di Gianluca Veneziani

Mentre si sta consumando uno scontro epocale tra l’ala tradizionalista e quella progressista della Chiesa, Aldo Maria Valli, già vaticanista per la Rai, ha pubblicato un libro, L’ultima battaglia (Fede & Cultura, pp. 236, euro 19), che è allo stesso tempo un romanzo distopico e una fotografia inquietante della situazione attuale in Vaticano.
Nella Chiesa che lei descrive è proibito farsi il segno di croce, parlare di paradiso, pregare la Madonna e dirsi cattolici. 
«È una realtà che abbiamo già sotto gli occhi. Oggi abbiamo un papa regnante che usa lo stesso linguaggio del mondo e sostiene le tesi del pensiero dominante. In più di un’occasione il papa ha evitato di impartire in pubblico la benedizione con la formula trinitaria per non urtare la sensibilità di non credenti e appartenenti ad altre confessioni. Tutto ciò è in palese contrasto con il comando evangelico di annunciare il messaggio di salvezza dai tetti. Si tratta di un tradimento della fede».
Lei nel libro immagina la nascita di un’Eurasia islamo-cristiana. Il nostro continente rischia una sostituzione sia etnica che religiosa? 
«Certamente sì. I due processi procedono di pari passo. Se poi si tiene conto degli aspetti demografici si vede a cosa andiamo incontro. Il dialogo sembra essere il nuovo dogma imperante. Ma dialogo in vista di che cosa? Anche in questo caso dobbiamo guardare al comando di Gesù: “Andate in tutto il mondo, predicate il Vangelo a ogni creatura”. Qui invece vediamo il dialogo inteso come spogliazione progressiva del nostro patrimonio religioso e culturale».
Nel suo libro i preti possono sposarsi anche con altri uomini. Non considerare più irrinunciabile il loro celibato significa aprire la porta all’unione tra preti omosessuali? 
«Questa sembra la strada sulla quale intende avviarsi una certa Chiesa modernista. Ma si tratta di un suicidio. L’esempio viene dalle Chiese protestanti: si sono piegate al mondo, si sono identificate con il pensiero dominante, e il risultato qual è? L’ irrilevanza. Ed è davvero incredibile che, pur avendo davanti questo esempio negativo, una certa parte della Chiesa cattolica voglia intraprendere questo percorso di autodissoluzione».
Ratzinger si è espresso a favore del celibato dei preti definendolo “irrinunciabile”. A suo giudizio, sta assumendo il ruolo di antipapa?
«Che lo volesse o no, e certamente non lo voleva, presso una parte dei cattolici è ormai identificato come antipapa. Era inevitabile. La presenza di due papi porta con sé una serie di conseguenze devastanti. Chi è veramente un papa emerito? Che ruolo ha? Sulla questione specifica del celibato dei preti, così come su moltissime altre questioni, io sono d’ accordo con Benedetto XVI, ma la presenza di un papa emerito la ritengo una sciagura per la Chiesa. Dà adito a contrasti, equivoci, contrapposizioni».
Il testo di Benedetto XVI è diventato un giallo. Dalle lettere postate dal cardinale Sarah risulta che Ratzinger fosse a conoscenza della forma in cui sarebbe stato pubblicato. Eppure il segretario del papa emerito ha chiesto di ritirare la sua firma dalla pubblicazione. È in corso un tentativo di far passare Ratzinger per rimbambito? 
«Mi sembra evidente che il cardinale Sarah si è comportato correttamente. D’ altra parte, che interesse avrebbe avuto nel raggirare in qualche maniera il papa emerito? Il ritiro della firma è maturato evidentemente a causa di forti pressioni provenienti da Santa Marta (la residenza di Bergoglio, ndr). Il tentativo dello schieramento progressista è chiaro: dimostrare che il papa emerito è manipolabile e screditare Sarah in quanto cardinale papabile. Direi che l’operazione è riuscita, purtroppo».
Il caso è davvero chiuso, come ha detto Bergoglio a Repubblica, o tra Francesco e Benedetto XVI c’ è una frattura insanabile? 
«Il caso non è chiuso e non può essere chiuso. Credo che il discorso in generale sia da spostare dal caso specifico alla compresenza dei due papi che si è dimostrata ingestibile. All’esterno ci presenteranno sempre due papi che vanno d’ amore e d’accordo ma non è così, perché sono due profili completamente diversi e quindi saremo sempre esposti a una divaricazione insanabile. Senza poi considerare l’aberrazione, per un papa, di avere come portavoce Scalfari».
A breve si inaugurerà il cammino sinodale della Chiesa tedesca, in cui si discuterà di celibato dei preti, diaconato femminile, Comunione per i divorziati; 500 anni dopo Lutero, arrivano dalla Germania nuove volontà scismatiche? 
«La Germania sta giocando un ruolo centrale nel processo di auto-dissoluzione della Chiesa cattolica. Purtroppo l’anniversario della riforma luterana è stato usato in questa ottica di abbraccio mortale con il protestantesimo. Come nel caso di altre parole-talismano, quali dialogo e discernimento, la parola ecumenismo è oggi utilizzata per mettere in liquidazione la Chiesa cattolica».
Lei cominciò a manifestare perplessità sul magistero di Bergoglio dopo l’enciclica Amoris laetitia. Poi fece una scelta coraggiosa: pubblicare il memoriale dell’ex nunzio Carlo Maria Viganò sugli scandali sessuali e di pedofilia nella Chiesa. Quali sono state le conseguenze per aver osato, da vaticanista, fare il controcanto rispetto al coro che incensava Bergoglio? 
«Ho vissuto un travaglio interiore, sul piano umano e professionale. Ma la scelta di dare credito a monsignor Viganò e di pubblicare il suo rapporto mi ha alla fine donato molta serenità. Mi sono sentito dalla parte giusta. E anche se non svolgo più il ruolo di vaticanista in Rai, sono contento di aver fatto quel passo. Ne ho guadagnato in libertà».
In un altro suo libro, Come la Chiesa finì, lei racconta della fine della Chiesa portata avanti da una serie di papi tutti di nome Francesco. Un’ altra profezia? 
«Ho la netta impressione che una parte della Chiesa, anche ai vertici, stia lavorando per arrivare alla fine del cristianesimo, o per lo meno per approdare a un cristianesimo annacquato, ridotto a mero sentimentalismo. Sotto l’egida della “scelta pastorale” si sta distruggendo la dottrina, ed è chiaro che senza dottrina non può esserci alcuna pastorale. Siamo di fronte a vertici della Chiesa che lavorano perché la Chiesa sia messa in liquidazione e trasformata in qualcosa di diverso, magari in una stampella del mondialismo».
In generale, qual è la più grande contestazione da fare a Bergoglio? 
«In due parole ritengo che Francesco abbia introdotto nel magistero il relativismo, con la morale del caso per caso, che è il nemico mortale del pensiero cattolico, e l’idea che tutte le fedi alla fine si equivalgono. In più lo ha fatto attraverso l’uso dell’ambiguità, il che rende l’attacco ancora più insidioso».

Libero, 18 gennaio 2020

Foto di Paola Valli

La cattiveria quotidiana 2130

dei coniugi Biagini
“Dimmi, Fulgenzio, come mai un magistrato si permette di giudicare un leader eletto dal popolo?” “Perché il magistrato ha vinto un importante concorso, mentre il leader è stato solo eletto dalla gente che non conta niente.”

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La cattiveria quotidiana 2129

dei coniugi Biagini
“Dimmi, Fulgenzio, cos’è la macchina del fango?” “È quella che si mette in moto appena un leader eletto dal popolo fa paura alla sinistra.”

La cattiveria quotidiana 2128

dei coniugi Biagini
“Dimmi, Fulgenzio, come mai la sinistra è diventata così amica degli Usa?” “Cosa vuoi, Terenzio, da Stalin a Soros il passo è breve, e tutto in discesa.”

Creare ricchezza - NUOVA USCITA!

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La cura dei poveri è stata una caratteristica del cristianesimo sin dalle sue origini, e in questo senso si sono espresse le moderne encicliche sociali dei papi. Il contesto economico è cambiato radicalmente dalla Rivoluzione industriale in poi. L’Autore di questo libro ci aiuta a comprendere questo contesto, nella convinzione che la dottrina sociale della Chiesa trarrebbe beneficio da un’analisi delle fonti e dei vantaggi della creazione della ricchezza: bisogna creare benessere, non impoverire la società. Creare ricchezza significa migliorare la vita di tutti, ed è quindi un presupposto necessario per alleviare la povertà e procurare mezzi per migliorare il benessere materiale dei più vulnerabili.

Appello ai cristiani di oggi


L'editore Giovanni Zenone, direttore di Fede & Cultura parla direttamente al cuore dei cattolici di oggi... Non riduciamo il cristianesimo ad un livello solo umano, un'ombra della grande realtà che Dio può operare in noi!

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La cattiveria quotidiana 2127

dei coniugi Biagini
“Dimmi, Fulgenzio, come mai, quando cerco di firmare in internet una petizione contro i riti satanici che si celebrano in America, il computer fa cilecca? E come mai lo stesso succede quando cerco di aprire qualche articolo sui vizi contronatura nel Vatigatto?” “Caro Terenzio, la democrazia corre sul filo.”

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Nella piccolezza dei gesti e delle situazioni che la realtà ci propone quotidianamente, il Poeta vede il riverbero dell’Infinito, nella molteplicità l’esaltazione dell’Uno che ci dona una Vita senza limiti nella Verità, Bontà e nella Bellezza. L’Opera qui proposta esprime la coscienza di vivere in una contingenza, spesso tragica, che riesce però a elevarsi grazie a una spinta centripeta, ove il punto di attrazione non è la terra e l’umana avventura, ma Dio stesso e la sua umana e divina compassione.


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Dopo Colloqui minimi, Ettore Gotti Tedeschi continua a dialogare con i personaggi del passato: questa volta i suoi Colloqui massimi sono consacrati a una serie di “maestri” del pensiero (magari non sempre “buoni”), in maniera più lunga e approfondita. È così possibile incontrare Giovanni Papini, Romano Guardini e san Josemaría Escrivá, ma anche Cartesio, Nietzsche e Bertrand Russell, e dialogare con loro su temi decisivi per la formazione di una generazione “senza più maestri”. Lo stile è sempre quello polemico e politicamente scorretto tipico dell’Autore, con un occhio di riguardo per la Chiesa e l’economia, nella convinzione che è quanto mai necessario oggi controbattere a chi diffonde una cultura inquinante dal punto di vista educativo, culturale e spirituale.

Il mio libro preferito


Tutti hanno un libro che preferiscono, che è stato importante per la vita, che amano in modo particolare. Giovanni Zenone racconta quale libro preferisce un editore e i motivi di questa preferenza. Motivi profondi che possono illuminare una vita.


Il Signore degli anelli:

La cattiveria quotidiana 2126

dei coniugi Biagini
“Dimmi, Fulgenzio, secondo te, di tutte le nazioni del mondo, di quale si può dire che sarebbe stato meglio se non fosse mai esistita?” “Non c’è dubbio: se l’Inghilterra fosse un’isoletta popolata solo da babbuini e scimmie urlatrici, il mondo sarebbe un luogo molto più allegro, Terenzio.”

Mondo che ha smarrito il senso della legittimità del diritto

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È ancora possibile pensare la legge e il diritto secondo categorie cattoliche? C’è contrasto tra la Legge Antica e quella Nuova? E qual è, per il mondo contemporaneo, il concetto di legge giusta? In un mondo che ha smarrito il senso della legittimità del diritto, per fare leggi solamente in risposta ai desideri degli uomini è necessario recuperare la migliore tradizione del pensiero cattolico, da San Tommaso a Cornelio Fabro. Serve un diritto che ritrovi la propria legittimazione dall’alto, nella regalità di Cristo e in Dio primo legislatore. 

Cosa significa essere editore cattolico?


Essere un editore cattolico oggi è un'impresa non comune. Cosa significa questo oggi? Come essere evangelizzatori cattolici nel mondo moderno senza cedere sui contenuti di sempre. La bellezza, la verità comprensibile ai nostri contemporanei...
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La cattiveria quotidiana 2125

dei coniugi Biagini
“Dimmi, Fulgenzio, che disastri possono succedere in un paese che è stato costretto a unificarsi a forza di congiure massoniche, violenza e odio anticristiano?” “Esattamente quelli che, da un secolo e mezzo, succedono in Italia, Terenzio.”

Il matrimonio è un sacramento

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Partendo dal presupposto che il matrimonio è un sacramento e che costituisce una parte integrante del disegno di Dio per avvicinare l’uomo a Lui, è necessario riportare la legge naturale dentro una realtà che si esplicita nel dettaglio dei fatti, anche di quelli che compongono gli impedimenti matrimoniali che sciolgono il vincolo nuziale per ragioni terrene. 

I progetti di Fede e Cultura


Il prof. Giovanni Zenone, direttore di Fede & Cultura per la prima volta ne spiega i progetti per il 2020... Progettiamo in grande, prendiamo il largo!| Scopri di più: www.fedecultura.com

Ci siamo spostati dopo 13 anni

Cari amici, era il 2 novembre 2009 quando prendevamo in mano questo blog e gli davamo una nuova vita, come "voce culturale ufficiale&q...