La cattiveria quotidiana 2113

dei coniugi Biagini
Ultimissime da Vigliakkenglandia. “Sir, c’è un bambino malato che i nostri medici non sono capaci di curare, e che costa troppo.” “Ammazzare, ammazzare. Non abbiamo tempo per minorati nel nostro Reich.”

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La cattiveria quotidiana 2112

dei coniugi Biagini
Ultimissime da Vigliakkenglandia. “Sir, mi pare che l’aria sia soffocante.” “Macché, è solo un’impressione. Non lo sa che tutto è relativo?”

Bisogna essere in tre, per sposarsi bene

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Bisogna essere in tre, per sposarsi bene: lui, lei e il Signore. Questa è la sostanza della felicità del matrimonio cristiano, che si basa su una visione trinitaria dell’autentico rapporto d’amore. Senza Cristo anche l’amore degli sposi è confuso, limitato e finito, come il vino alle nozze di Cana: solo grazie alla presenza e alla conoscenza del vero Sposo dell’umanità, il vino, cioè la gioia dello stare insieme, ritorna a riempire la vita, abbondante e migliore. 

Da "Tre per sposarsi" di F. Sheen

La cattiveria quotidiana 2111

dei coniugi Biagini
Ultimissime da Vigliakkenglandia. “Sir, oggi altri trentasette casi di violenze carnali su ragazze vigliakkenglandiche: solita banda di pakistani.” “Per carità, silenzio stampa e nessuna assistenza alle vittime. Soffocare, soffocare.”

Maria Santissima, Madre di Dio

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Quando la Vergine disse il suo "sì" all'annuncio dell'angelo, la Persona divina del Figlio del Padre nello Spirito Santo fu verginalmente concepito e quindi partorito nella e dalla Madre di Dio  e con Lui incominciò la nuova era della storia, che sarebbe stata poi sancita nella Pasqua come "nuova ed eterna alleanza, nuova ed eterna storia di amore di Dio con l'uomo che Dio ama"

Nel momento dell'Annunciazione, narrata all'inizio del vangelo di san Luca, è accaduto l'avvenimento della Persona del Verbo che si fa carne, un avvenimento umile, nascosto – nessuno lo vide, nessuno lo conobbe, se non Maria Madre della persona divina che si incarna in una natura umana – ma al tempo stesso decisivo per la storia dell'umanità. Quando la Vergine disse il suo "sì" all'annuncio dell'angelo, Gesù fu verginalmente concepito e quindi partorito e con Lui incominciò la nuova era della storia, che sarebbe poi sancita come "nuova ed eterna alleanza cioè nuova ed eterna storia di amore con l'uomo che  Dio ama fino al perdono". In realtà, il "sì" di Maria con cui divenne Madre di Dio è il riflesso perfetto di quello di Cristo stesso quando Persona divina entrò nel mondo assumendo anche una vera natura umana, come scrive la Lettera agli Ebrei interpretando il salmo 39:"Ecco, io vengo, poiché di me è scritto nel rotolo del libro – per compiere, o Dio, la tua volontà" (Eb 10,7). L'obbedienza del Figlio del Padre si rispecchia nell'obbedienza della Madre del Figlio di Dio e così, per l'incontro di questi due "sì", Dio ha potuto assumere un volto di uomo: è l'Incarnazione.

Oggi, 1° gennaio, la liturgia della Chiesa ci invita a celebrare Maria Madre di Dio, ci rivolge anche gli auguri per il nuovo anno e ci propone la giornata della pace. Tutti questi motivi vanno bene insieme: Maria, madre di Dio, è la regina della pace; Maria, Madre di Dio, ci porta gli auguri del Signore e infonde nella nostra vita serenità in tutte le tribolazioni, pace, gioia e, soprattutto amore.

Nella prima lettura, tratta dal libro dei Numeri, risentiamo da Dio la benedizione sacerdotale: "Il Signore ti benedica e ti protegga; Il Signore faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio; il Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda la pace". Questo ci fa capire l'importanza della relazione con Dio. Noi forse, in questo clima culturale di secolarismo, non ne siamo abbastanza avvertiti, ma, se vogliamo che il nuovo anno sia veramente felice, positivo con i doni di Dio dobbiamo consentirgli di intervenire per il nostro libero arbitrio. Maria ci ottiene la benedizione del Signore dicendoci come ai servi nelle nozze di Cana: "Qualunque cosa Gesù vi dica, fatela" (Gv 2,5). C'insegna la docilità nella preghiera al Signore. In questo senso è anche nostra madre, madre della nostra vita spirituale.

La seconda lettura è l'unico testo in cui Paolo parla di Maria, che ha dato alla luce il Figlio di Dio. L'Apostolo usa una formula solenne: "Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, [...] perché ricevessimo l'adozione a figli" nel Figlio. Qui viene espresso il mistero dell'Incarnazione, attraverso la funzione essenziale di una donna, Maria. Perché potessimo ricevere l'adozione a figli di Dio, era necessario che egli mandasse suo Figlio nel mondo, facendolo nascere anche da una donna.

Questa relazione filiale con Dio si manifesta con la presenza in noi dello Spirito del Figlio, che grida: "Abbà, Padre!". Maria è Madre di Dio, perché ha concepito e partorito per opera dello Spirito santo; con la sua maternità ci ottiene il dono dello Spirito santo, perché noi possiamo entrare, come figli nel Figlio, in una relazione filiale con il Padre. Paolo ne trae una conclusione: "Non sei più schiavo (di tutti i limiti), ma figlio (libero, quindi capace di amare, di essere felice); se poi figlio, sei anche erede (della vita veramente vita di amore) per volontà di Dio". Per noi questa è una prospettiva molto positiva per questo nuovo anno.

Il Vangelo di oggi è – eccettuato l'ultimo versetto – lo stesso della seconda Messa di Natale (Messa dell'aurora): ci riferisce che i pastori vanno senza indugio verso la stalla, in cui trovano Maria, Giuseppe (che era stato in un'altra grotta durante il parto verginale) e il bambino, che giace nella mangiatoia cioè nel presepe. Questo incontro dei pastori con Maria e con il bambino ci fa capire il senso profondo della maternità di Maria. Ella ha dato alla luce, alla natura umana suo figlio, che è nello stesso tempo la Persona del Figlio del Padre nello Spirito Santo, il quale si mette in una situazione di totale vicinanza e povertà: giace in una mangiatoia con Giuseppe che gli fa da Padre. I pastori sono entusiasti: riconoscono ciò che del bambino è stato detto loro, cioè che è il Salvatore, il Cristo Signore. Questo è un motivo di grande gioia per loro e per tutto il popolo.

La gente si stupisce delle cose dette dai pastori; Maria invece serba tutte queste cose meditandole nel suo cuore. Maria non è una persona superficiale, ma profonda, che accoglie tutto ciò che viene da Dio. Non soltanto le parole di Dio, ma anche gli eventi soprannaturali vengono accolti da lei con docilità filiale e con amore generoso.

Maria è la madre di Gesù, cioè la madre del Salvatore, la madre di Cristo, la madre del Signore. Quanta fiducia dobbiamo avere in lei, che è la madre di Gesù, Madre di Dio, Corredentrice, Mediatrice, Avvocata. Gesù non è un uomo come qualunque altro, ma è il Verbo di Dio, una persona divina con anche una natura umana, il Figlio di Dio; perciò la Chiesa ha dato a Maria il titolo di Theotokos, cioè "Madre di Dio".

La cattiveria quotidiana 2110

dei coniugi Biagini
Ultimissime da Vigliakkenglandia. “Sir, il cagnolino della regina ha la tosse.” “Convocate subito un consulto.”

Un mistero di iniquità

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Come ha fatto Eva, che vedeva Dio, a credere che, ribellandosi a Dio, sarebbe diventata lei come Dio? E' un mistero. Un mistero di iniquità. Il mistero di iniquità che si ripete ogni giorno perché ogni giorno c'è satana che ci gira intorno volendoci morti. E tali siamo se ci mettiamo contro Dio. 

Correndentrice, senza discussioni!

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Veronica Giuliani, Padre Pio, Gabriele dell’Addolorata, Madre Teresa, Bartolo Longo, Massimiliano Kolbe, Edith Stein, suor Lucia dxi Fatima, Pio X, Giovanni Paolo II, ecc.

Onorando la missione della Madre celeste al servizio del divin Figlio e Redentore, moltissimi servi di Dio, venerabili, beati e santi hanno chiamato la Vergine “Corredentrice”. E lei stessa ha chiesto il dogma, profetizzando che sarà “l’ultimo” e “il più grande”  
Ermes Dovico in “Bussola Quotidiana” 26-122019

«E anche a te una spada trafiggerà l’anima» (Lc 2, 35)
Si è già ricordato su questo quotidiano che la Corredenzione di Maria è dottrina cattolica certa. Una dottrina radicata nelle Sacre Scritture (dalla Genesi all'Apocalisse) e implicita nell’approfondimento teologico già dei primissimi Padri della Chiesa, come san Giustino e sant’Ireneo, sul ruolo di Maria quale «nuova Eva», specialissima cooperatrice alla Redenzione di Gesù Cristo, il «nuovo Adamo» delle lettere paoline.
Se è vero che le obiezioni di alcuni teologi sono basate sul termine«Corredentrice», può essere d’aiuto ricordare che questo stesso termine è stato usato esplicitamente da una schiera formidabile di santi, beati, venerabili e servi di Dio, compresi alcuni Papi del nostro tempo. Tra queste anime predilette ci sono inoltre grandi mistiche, come santa Veronica Giuliani e la serva di Dio Luisa Piccarreta.
Partiamo proprio da uno degli scritti della Piccarreta, perché le parole dette da Gesù stesso sulla pia pratica delle “Ore della Passione” sono rivelatrici: «Figlia mia, sappi che col fare queste “Ore” l’anima prende i miei pensieri e li fa suoi, la mia riparazione, le preghiere, i desideri, gli affetti, anche le più intime mie fibre e le fa sue, ed elevandosi tra Cielo e la terra, fa il mio stesso ufficio, e come corredentrice (corsivo nostro, ndr) dice assieme a Me: Ecce ego, mitte me […]».
È chiaro che se questo vale per ogni anima che si unisce alla Passione di Cristotanto più vale per la creatura eletta a essere Madre di Dio e misticamente di tutti i Suoi figli. Lo ha spiegato tra gli altri un pontefice che per ben sei volte, nel suo magistero ordinario, si è riferito a Maria Santissima come Corredentrice: san Giovanni Paolo II. «La collaborazione dei cristiani alla salvezza - diceva Wojtyla nel 1997 - si attua dopo l’evento del Calvario, del quale essi si impegnano a diffondere i frutti mediante la preghiera e il sacrificio. Il concorso di Maria, invece, si è attuato durante l’evento stesso e a titolo di Madre; si estende quindi alla totalità dell’opera salvifica di Cristo. Solamente Lei è stata associata in questo modo all’offerta redentrice che ha meritato la salvezza di tutti gli uomini». In un’omelia del 31 gennaio 1985, il Papa polacco aveva parlato della Madonna come «spiritualmente crocifissa con il Figlio crocifisso» e aggiunto che «il ruolo corredentore di Maria non cessò con la glorificazione del Figlio», ma continua «nella Chiesa di tutti i tempi».
L’apice raggiunto sul Calvario si rileva anche nelle parole della Beata Vergine trascritte sempre dalla Piccarreta: «[…] Troppo mi costano le anime, mi costano la vita d’un Figlio-Dio; ed io, come Corredentrice e Madre, le lego a te, o croce», si legge nell’Orologio della Passione. È noto che questo manoscritto era stato letto da san Pio X, che lo aveva ricevuto da sant’Annibale Maria di Francia, a cui il Papa aveva ordinato: «Fai subito dare alle stampe L’Orologio della Passione della Piccarreta. Leggetelo in ginocchio, perché è Nostro Signore che parla!». Oltre all’imprimatur di questo libro, frutto di rivelazioni celesti, papa Sarto introdusse di suo pugno in documenti pontifici il termine «Corredentrice», usandolo per tre volte, dal 1908 al 1914, in riferimento alla liturgia per la Festa dei Dolori di Maria e alla concessione di indulgenze per la recita di preghiere legate a Maria Corredentrice[1].
Da quanto accennato, è evidente che la plurisecolare pietà cristiana e il significato teologico della Madonna Addolorata sono un tutt’uno con la dottrina della Corredenzione mariana. Non si può non ricordare al riguardo il carisma di un eccelso devoto di Maria, san Gabriele dell’Addolorata. Il giovane santo, un passionista, scriveva che la Vergine «ci partorì sul Calvario», definiva la partecipazione ai suoi dolori «il mio Paradiso» e più volte la chiamò nelle sue lettere «Corredentrice».
Tra i nati nel medesimo secolo, il XIX, di san Gabriele, adoperarono lo stesso termine: il grande convertito inglese, san John Henry Newman, il grande convertito italiano e instancabile apostolo del Rosario, beato Bartolo Longo, l’arcivescovo di Milano, beato Ildefonso Schuster, il fondatore delle Edizioni Paoline, beato Giacomo Alberione, il fondatore della Piccola Opera della Divina Provvidenza, san Luigi Orione, la fondatrice delle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù, santa Francesca Saverio Cabrini, e molti altri ancora. In particolare “Mother Cabrini”, come la chiamarono gli italoamericani, scriveva che alla Vergine «toccò il vanto di dare la vita al nostro Redentore; ad essa, come ben disse il nostro Santo Padre [Pio X, ndr], toccò insieme l’ufficio di custodire e preparare al sacrificio la sacra vittima del genere umano. Maria fu Madre di Gesù non solo nelle gioie di Betlemme, ma ancor più sul Calvario… ed ivi meritò di divenire degnissimamente la Corredentrice».
Ricchissimo è l’insegnamento sulla Corredenzione di un innamorato dell’Immacolata e martire dei campi nazisti, san Massimiliano Maria Kolbe. Meditando sul compimento del peccato originale da parte dei nostri progenitori e sul profetico passo della Genesi (Gn 3,15), padre Kolbe scrisse: «[…] fin da quel momento Dio promette un Redentore e una Corredentrice dicendo: “Porrò inimicizia fra te e la donna, fra il tuo seme e il suo seme: Ella ti schiaccerà la testa”». Un’altra martire del nazismo, santa Teresa Benedetta della Croce, al secolo Edith Stein, compatrona d’Europa, affermava che «Maria esce dall’ordine naturale e si pone come Corredentrice al fianco del Redentore».
San Pio da Pietrelcina la chiamava «nostra sì cara Corredentrice» e «Regina dei martiri» (una delle invocazioni nelle Litanie Lauretane), san Josemarίa Escrivá spiegava mirabilmente il nuovo titolo legandolo allo “stare” della Madre iuxta crucem e ai suoi dolori per il sacrificio del Figlio, san Leopoldo Mandic si era proposto addirittura di scrivere un trattato sulla Corredenzione ma non poté per il moltissimo tempo dedicato al sacramento della Confessione: ciò non gli impedì, comunque, di fare un atto di offerta di tutto sé stesso per la ricomposizione dello scisma con l’Oriente «in ossequio alla Corredentrice del genere umano». Per almeno otto volte, nei suoi scritti, suor Lucia di Fatima usò il termine Corredentrice, spiegando tra l’altro che chiamiamo la Santa Vergine «Nostra Signora dei dolori, perché nel suo cuore ha sofferto il martirio di Cristo, con Lui e accanto a Lui».
AMSTERDAM, È IL CIELO A VOLERE IL DOGMA
Questa panoramica, per nulla esaustiva, sulle anime del Paradiso dà insomma un’idea di quale sia il sensus fidei riguardo a Maria Corredentrice. Ricordiamo pure che è stata Lei stessa a chiedere - nelle apparizioni di Amsterdam alla veggente Ida Peerdeman - la proclamazione di un quinto dogma mariano, quale «Corredentrice, Mediatrice e Avvocata». Nei messaggi che si accompagnarono alle apparizioni (1945-1959), riconosciute nel 2002 dal vescovo Joseph Punt, la Madonna chiese di lavorare e pregare per il dogma, profetizzando che tra quelli a Lei riferiti sarà «l’ultimo» e il «più grande».
In diversi messaggi la Madre celeste spiegò le ragioni del dogma e come si legasse a tutti i misteri della sua vita terrena e conseguente Assunzione. Si soffermò anche sull’uso appropriato del titolo: «… il nuovo dogma dovrà essere il dogma della Corredentrice. Nota che pongo l’accento specialmente su “Co”. Ho già detto che ne nasceranno molte dispute. Te lo ripeto nuovamente: la Chiesa, Roma, lo porterà a compimento e lotterà per esso. La Chiesa, Roma, incontrerà opposizioni e le supererà. La Chiesa, Roma, diventerà più vigorosa e più forte, nella misura in cui affronterà la disputa. […] Poiché il Padre, il Figlio, lo Spirito vuole portare in questo mondo quale Corredentrice e Avvocata colei che fu scelta per recare il Redentore»[2].
La Vergine dettò solennemente una preghiera e volle che la diffusione della sua immagine quale Signora di tutti i Popoli precorresse la definizione dogmatica. Sempre Lei spiegò in modo particolareggiato l’immagine: la Madonna appare ritta davanti alla Croce e con i piedi sul globo, libero dalle spire del serpente satanico. Diretti verso una moltitudine di pecore, tre raggi fuoriescono dalle ferite nelle sue mani, «i raggi di Grazia, Redenzione e Pace», doni del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Spirito Santo che sarà inviato in abbondanza sul mondo con il ritorno dei popoli alla Croce e la proclamazione del dogma: tappa che diversi teologi vedono come l’inizio del trionfo del Cuore Immacolato di Maria.
Concludiamo con le parole che Madre Teresa di Calcutta, dopo aver esposto in modo breve e limpido il perché di ognuno dei tre titoli, scrisse in una risposta autografa del 14 agosto 1993: «La definizione papale di Maria come “Mediatrice, Corredentrice e Avvocata” porterà grandi grazie alla Chiesa». Come insegnano i santi: tutto a Gesù per Maria.
Giovanni  ha capito chi è Maria per lui e quindi per la Chiesa completando i sinottici perché crediate (“è tua madre”) e chi deve essere lui e quindi la Chiesa per Maria (“è tuo figlio”). La conseguenza logica che ne deriva è che il figlio, la Chiesa deve onorare la madre come “corredentrice con Gesù Redentore” e la madre deve stare con il figlio, con la Chiesa. Per questo il Vangelo secondo Giovanni dice: “Da quel momento la prese in casa sua”.
Durante l’ultima cena la Madre di Cristo non risulta che fosse presente nel Cenacolo. Era invece presente sul culmine della redenzione, sul Calvario, ai piedi della Croce, dove – come insegna il Concilio Vaticano II – profondamene soffrì con il suo unigenito e si associò con animo materno al sacrificio di Lui amorosamente acconsentendo, corredentrice, all’immolazione della vittima da lei generata. Tanto spinse quel fiat, pronunciato nell’annunciazione. L’attualizzazione sacramentale nella Messa di quello che originariamente è avvenuto una volta per sempre sulla Calvario rivela il ruolo di corredentrice che Maria aveva ai piedi della Croce nel testamento di Gesù.


[1] Cfr. Agiografia corredenzionista nel secolo ventesimo: sintesi storico-teologica, di padre Stefano Manelli.
[2] Il termine “Corredentrice” è in sé linguisticamente chiaro. Come ricorda il mariologo Mark Miravalle (2001): «Il termine “Corredentrice” è correttamente tradotto “la Donna con il Redentore” o ancor più letteralmente “colei che riacquista con [il Redentore]”. Il prefisso “co” deriva dal Latino “cum”, che significa “con” e non “uguale a, pari a”».

Temo i vescovi

... la mia ricchezza, questo il costo dei miei peccati, viaggiare incessantemente in mezzo a tali prove e che esse mi vengano inflitte da persone dalle quali non me le aspettavo in alcun modo ... io ormai non temo nessuno temo quanto i vescovi, ad eccezione di pochi.
(San Giovanni Crisostomo, Lettera 9 a Olimpiade)

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La cattiveria quotidiana 2109

dei coniugi Biagini
Ultimissime da Vigliakkenglandia. “Sir, oggi altri ventotto casi di violenze carnali su ragazze vigliakkenglandiche: è la solita banda di pakistani.” “Non agitiamo le acque. Ordine ai giornali: se ne parli il meno possibile.”

Fondamentalmente segno di una realtà ontologica

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L'abito ecclesiastico è fondamentalmente segno di una realtà ontologica che riguarda la persona del presbitero, e le sue caratteristiche corrispondono all'esigenza di visibilità e distinzione, con una nota di sacralità che deriva da ciò che manifesta: la scelta da parte di Dio e la consacrazione che gli è stata affidata. 

La cattiveria quotidiana 2108

dei coniugi Biagini
Ultimissime da Vigliakkenglandia. “Sir, un gruppo di suore cattoliche siriane perseguitate chiede asilo.” “Respingere, respingere. Abbiamo già fin troppi papisti nel nostro paese libero, democratico e antirazzista.”

Sul monte Tabor

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Tutti i membri degli ordini religiosi ascendono dietro Cristo sul monte Tabor (monte della trasfigurazione) e sul monte Calvario (monte della croce della risurrezione) e così in Cristo e per Cristo entrano grandemente nel regno e nella vita del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. 

Da "La città sopra il monte" di Francis Templar.


La cattiveria quotidiana 2106

dei coniugi Biagini
Ultimissime da Vigliakkenglandia. “Sir, oggi altri quattordici casi di violenze carnali su ragazze vigliakkenglandiche da parte della solita banda di pakistani.” “Zitto, zitto, non vogliamo grane.”

Natale 2019

di Mons. Gino Oliosi (esorcista)
La memoria del bimbo nel presepe è all’origine della sua presenza sacramentale da risorto oggi nella Confessione, Comunione, Carità natalizie e dell’attesa del suo ritorno glorioso alla fine dei tempi

La memoria richiamata nel bimbo del presepe è all’origine della sua presenza sacramentale di crocefisso risorto nella Confessione,  Comunione e Carità natalizia, nell’attesa del suo ritorno glorioso alla fine di questo mondo e della storia umana con il solo futuro di chi ha posto fiducia nella verità e nell’amore con la sola forza della verità e dell’amore. Il Bimbo nel presepe è davvero il Figlio di Dio, il Figlio del Padre nello Spirito Santo in un volto umano verginalmente concepito e partorito in Maria. Dio, unico nel suo essere, non è una solitudine perenne, ma, un circolo d’amore nel reciproco darsi e ridonarsi, Egli è il Padre, Figlio e Spirito Santo. E immagine di Lui è ad iniziare l’uomo e la donna nella loro reciprocità di amore.
Ancora di più: in Gesù Cristo, il Figlio di Dio, Dio stesso, Dio da Dio come Verbo del Padre nello Spirito santo, si è fatto uomo, ha assunto come Persona  e natura divina anche un volto umano. A Lui il Padre dice: “Tu sei mio figlio”. L’eterno oggi di Dio è disceso nell’oggi effimero del mondo e trascina il nostro oggi temporale, passeggero nell’oggi perenne di Dio. Dio è così grande che può farsi piccolo. Dio è così potente che può farsi inerme e venirci incontro come bimbo indifeso, affinché noi possiamo amarlo. Dio è così buono da rinunciare al suo splendore divino e discendere nella stalla, affinché noi possiamo trovarlo e perché la sua bontà tocchi anche noi, si comunichi oggi eucaristicamente a noi e continui ad operare nell’amore per nostro tramite. Questo nella Confessione, nella Comunione, in gesti di Carità è Natale: “Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato”. Dio è diventato uno di noi, affinché noi potessimo essere perdonati con Lui, diventare simili a lui nell’amore. Ha scelto all’origine dell’incarnazione come suo segno sacramentale il Bimbo nel presepe e oggi la particola: Egli è oggi sacramentalmente così ma verrà glorioso. In questo modo impariamo a conoscerlo, ad amarlo a servirlo. E su ogni bambino con cui Lui si è unito rifulge qualcosa del raggio di quell’oggi, della vicinanza di Dio che dobbiamo amare e alla quale dobbiamo sottometterci nel suo essere dono unico e irripetibile – su ogni bambino, anche su quello non ancora nato per cui la castità ci impedisce di profanare la sessualità fuori del matrimonio e disgiungerla dall’apertura alla fecondità.
Ascoltiamo una seconda parola della liturgia di questa Notte santa, questa volta presa dal libro del profeta Isaia: “Su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse” (9,1). La parola “luce” pervade tutta la liturgia di questa Santa Messa. È accennata nuovamente nel brano tratto dalla lettera di san Paolo a Tito: “È apparsa la grazia” (2,11). L’espressione “è apparsa”  appartiene al linguaggio greco e, in questo contesto, dice la stessa cosa che l’ebraico esprime con le parole “una luce rifulse”: l’”apparizione” – l’”epifania” – è l’irruzione della luce divina nel mondo pieno di buio e pieno di problemi irrisolti. Infine, il Vangelo ci racconta che ai pastori apparve la gloria di Dio e “li avvolse di luce” sui loro problemi (Lc 2,9). Dove compare la gloria cioè la verità e l’amore di Dio, là si diffonde nel mondo la luce. “Dio è luce e in Lui non ci sono tenebre”, ci dice san Giovanni (1 Gv 1,5). La luce è fonte della vita.
Ma luce significa soprattutto conoscenza, significa verità col buio della menzogna e dell’ignoranza: Così la luce ci fa vivere, significa anche amore. Dove c’è amore, emerge una luce nel mondo; dove c’è odio, il mondo è nel buio. Sì’, nella stalla di Betlemme è appara la grande luce che il mondo attende. In quel Bimbo giacente nella stalla, Dio mostra la sua gloria – la gloria della verità e dell’amore, che dà in dono sé stesso e che si priva di ogni grandezza per condurci sulla via dell’amore. La luce di Betlemme non si è mai più spenta. Lungo tutti i secoli ha toccato e tocca uomini e donne, “li ha avvolti di luce”. Dove è spuntata la fede in quel Bambino, lì è sbocciata anche la carità – la bontà verso gli altri, l’attenzione premurosa per i deboli ed i sofferenti, soprattutto la grazia del perdono. A partire da Betlemme una sola luce, di amore, di verità pervade i secoli. Se guardiamo ai santi- da Paolo ad Agostino fino a san Francesco e a Santa Teresa di Calcutta – vediamo questa corrente di bontà, questa via di luce che, sempre di nuovo, si infiamma al mistero di Betlemme, a quel Dio che si è fatto Bambino. Contro la violenza di questo mondo Dio oppone, in quel Bambino, la sua bontà e ci chiama a seguire il Bambino.
Il vero mistero del Natale è lo splendore interiore che viene a questo Bambino nei segni dell’Albero e del Presepe. Lasciamo che tale splendore interiore si comunichi a noi, che accenda nel nostro cuore la fiammella della bontà di Dio in noi; portiamo tutti, col nostro amore, la luce nel mondo! Non permettiamo che questa fiamma luminosa accesa nella fede si spenga per le correnti fredde del nostro tempo nonostante tante luminosità esterne! Custodiamola fedelmente nella Confessione e nella Comunione facciamone dono agli altri! In questa notte, nella quale guardiamo verso Betlemme, vogliamo anche pregare in modo speciale per il luogo della nascita del nastro Redentore e per gli uomini che là vivono e soffrono. Vogliamo pregare per la pace in terra Santa e nel Mondo. Guarda Signore, quest’angolo della terra che, come tua patria, ti è tanto caro! Fa che lì rifulga la tua luce! Fa’ che lì arrivi la vera pace più forte di quella del terrore che oggi ogni guerra nucleare è rischio della fine del mondo, di tutti!
Con il termine “pace” siamo giunti alla terza parola-guida della liturgia di questa Notte santa. Il Bambino che Isaia annuncia da lui chiamato “Principe della pace”. Del suo regno si dice: “La pace non avrà mai fine”. Ai pastori si annuncia nel Vangelo la “gloria di Dio nel più alto dei cieli” e la “pace in terra…”. Una volta si leggeva e si diceva giustamente: “...agli uomini di buona volontà” che consentono a Dio di far giungere il suo amore fino al perdono; nella nuova traduzione si dice: “…agli uomini che egli ama”. Che significa questo cambiamento? Non conta forse più la buona volontà perché fa tutto Dio? Poniamo meglio la domanda: Quali sono gli uomini che Dio ama, e perché li ma? Dio è forse parziale? Ama forse soltanto alcuni e abbandona gli altri a sé stessi? Il Vangelo risponde a queste domande mostrandoci alcune precise persone amate da Dio. Ci son persone singole -Maria, Giuseppe, Elisabetta, Zaccaria, Simeone, Anna ecc. Ma ci sono anche due gruppi di persone: i poveri pastori e i sapienti dell’Oriente, i così detti re magi. Soffermiamoci in questa notte su pastori. Che specie i uomini sono? Nel loro ambiente i pastori erano disprezzati; erano ritenuti poco affidabili soprattutto con pecore nere e, in tribunale, non venivano ammessi come testimoni. Ma chi erano in realtà? Certamente non erano grandi santi, se con questo termine si intendono persone di virtù eroiche. Erano anime semplici. Il Vangelo mette in luce una caratteristica che poi, nelle parole di Gesù, avrà un ruolo importante: erano persone vigilanti! Questo vale dapprima nel senso esteriore: di notte vegliavano vicino alle loro pecore. Ma vale anche in senso più profondo: erano disponibili per la parola di Dio, per l’Annuncio dell’Angelo come Maria e Giuseppe. La loro vita non erta chiusa in sé stessa; il loro cuore era aperto. In qualche modo, nel più profondo, erano in attesa di qualche cosa, in attesa finalmente dell’amore di Dio per accoglierlo. La loro vigilanza era disponibilità originaria in ogni uomo senza della quale l’amore di Dio non può arrivare – disponibilità ad ascoltare cioè a congiungere all’udire l’obbedire, disponibilità ad incamminarsi; era attesa della luce che indicasse loro la via. È questo che a Dio interessa. Egli ama tutti perché tutti sono creature sue, anche peccatori. Ma alcune persone hanno chiuso la loro anima; il suo amore non trova presso di loro nessun accesso. Essi credono di non aver bisogno di Dio; non lo vogliono nel loro libero arbitrio. Altri che forse moralmente sono ugualmente miseri e peccatori, almeno soffrono di questo. Essi attendono Dio. Sanno di aver bisogno della sua bontà, anche se non ne hanno un’idea precisa. Nel loro animo aperto all’attesa la luce di Dio può entrare, e con essa il suo amore fino al perdono e quindi la sua pace. Dio cerca persone che portino e comunichino il suo amore, la sua pace. Chiediamogli di far sì che non trovi chiuso il nostro cuore alla missione. Facciamo in grado di rafforzare la nostra fede donandola.
Tra i cristiani la parola pace ha poi assunto un significato tutto speciale: è diventata una parola per desinare la comunione nell’Eucaristia. In essa è presente la pace di Cristo. Attraverso tutti i luoghi dove si celebra l’Eucaristia una rete di pace si espande sul mondo intero. Le comunità raccolte intorno all’Eucaristia costituiscono un regno della pace come il mondo. Quando celebriamo l’Eucaristia coi troviamo a Betlemme, nella “casa del pace”. Cristo si dona a noi e ci dona con ciò la sua pace. Ce la dona perché noi portiamo la luce della pace nel nostro intimo e la comunichiamo agli altri; perché diventiamo operatori di pace e contribuiamo anche politicamente alla pace nel mondo. Perciò preghiamo: Signore, compi la tua promessa! Fa’ (e la nostra preghiera rende possibile a Dio di operare con gli uomini dal libero arbitrio) che là dove c’è discordia nasca la pace! Fa che emerga l’amore là dove regna l’odio! Fa’ che sorga la luce dove dominano le tenebre! Facci diventare portatori della tua pace!

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La cattiveria quotidiana 2105

dei coniugi Biagini
Ultimissime da Vigliakkenglandia. “Sir, le zone inaccessibili alla polizia e dominate dalla sharia si allargano a vista d’occhio.” “La parola d’ordine è ‘tenere basso profilo e non dire niente’.”

Collezione Fulton Sheen

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Quattro autentici capolavori di spiritualità, apologetica e cultura cattolica offerti col 25% di sconto in occasione della beatificazione dell'arcivescovo Fulton J. Sheen. Un grande classico dimenticato reso di nuovo disponibile da Fede & Cultura. Per non perdere la fede nei tempi della confusione. https://fedecultura.com/Collezione-Fulton-Sheen-santo-p145201369

La cattiveria quotidiana 2104

dei coniugi Biagini
Ultimissime da Vigliakkenglandia. “Sir, un predicatore di strada ha proclamato che un paese che abbandona Cristo finisce in rovina.” “Cristo, e chi è? Noi abbiamo il Grande Architetto.”

Vaccino per la fede!

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Il Vaccino per la fede è un ottimo regalo per Natale: un solo acquisto, più regali!

Non lasciare che il tuo sistema immunitario resti sguarnito ed esposto agli effetti dell'influenza virale che colpisce la Chiesa Cattolica e la nostra società!

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Cinque grandi testi per scovare le eresie e confutarle. 

Un dizionario in due volumi per difendere consapevolmente la vera Fede Cattolica dalla sua corruzione.

La radice medievale del pensiero per non lasciarsi traviare dalle innovazioni del pensiero modernista.

Due testi che svelano il responsabile del pensiero ereticale in voga oggi nei seminari. Per questa peste dottrinale essere NO-VAX sarebbe suicida!

Cinque capolavori, cinque best-seller, cinque perle di sapienza da avere e da diffondere

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Vaccino per la fede 2019/20

Vaccina anche il tuo parroco regalandogli questa utile strenna di Natale!

La cattiveria quotidiana 2103

dei coniugi Biagini
Ultimissime da Vigliakkenglandia. “Sir, un predicatore di strada si è permesso di citare un certo San Paolo a proposito dei ‘ghei’”. “Questo San Paolo li ha lodati o ne ha detto male?” “Ne ha detto male, malissimo; ha detto che non si illudano di entrare nel ‘Regno dei Cieli’, qualunque cosa voglia dire.” “Sbattetelo in galera; il nostro Reich non sa che farsene di questo ‘Regno dei Cieli’.”

La visione cattolica dell'ebraismo

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La dichiarazione Nostra Aetate sui rapporti tra la Chiesa cattolica e le religioni non-cristiane ha cambiato radicalmente la visione cattolica dell'ebraismo: ricordando il vincolo con cui il popolo del Nuovo Testamento è spiritualmente legato con la stirpe di Abramo e il grande patrimonio spirituale comune ai cristiani e agli ebrei, la Chiesa cattolica ha affermato che il mistero di Israele è inseparabile del mistero della Chiesa. 

La cattiveria quotidiana 2102

dei coniugi Biagini
“Dimmi, Fulgenzio, che differenza c’è tra le canzonette idiote e l’uso delle chitarre a Messa?” “Non lo so, Terenzio.”

La devozione più nobile

La devozione all'Eucaristia è la più nobile perché ha progetto Dio; è la più salutare perché ci dà l'autore della grazie; è la più soave perché soave è il Signore.
San Pio X

Mantenere l'ottimismo della fede

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I Dottori della Chiesa non sono quadri di musei o di antiche dimore abbandonate, ma sono esistenze vive, che ispirano oggi la Chiesa universale a evitare la paralisi del bene e a mantenere l'ottimismo della fede, dell'amore alla vita e della speranza. 

La cattiveria quotidiana 2101

dei coniugi Biagini
“Dimmi, Fulgenzio, qual è il maggior successo della lobby ‘ghei’?” “Aver diffuso la persuasione che il vizio contro natura è naturale, Terenzio.”

Si vieta il segno della croce

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In un futuro non troppo lontano fatto di cyborg e veicoli volanti, la Chiesa cattolica è cambiata, trasformata da una riforma interreligiosa e umanitaria che ha vietato il segno della croce e la preghiera alla Madonna in nome dell’ecumenismo, della tolleranza e della fratellanza universale. 

Da "L'ultima battaglia" di Aldo Maria Valli.


La cattiveria quotidiana 2100

dei coniugi Biagini
“Dimmi, Fulgenzio, che c’è di comune fra mondialismo, comunismo, ambientalismo, femminismo, contraccezione, aborto, eutanasia, omosessualismo, divorzio, crisi della famiglia?” “C’è satanasso, Terenzio.”

IV Domenica di Avvento

di Mons. Gino Oliosi
Chi con la fede confida profondamente nell'amore di Dio, accoglie in sé la presenza sacramentale di Gesù, la sua vita divina, per l'azione dello Spirito Santo

In questa quarta e ultima domenica di Avvento, la liturgia ci presenta quest'anno il racconto dell'annuncio dell'Angelo a Maria per proporle la vocazione a Madre di Dio nell'incarnazione della Persona del Figlio del Padre per opera dello Spirito Santo. Contemplando l'icona stupenda della Vergine Santa, nel momento in cui riceve il messaggio divino e dà liberamente cioè per amore la sua risposta, veniamo interiormente illuminati dalla luce che promana, sempre nuova, quel mistero. In particolare mi soffermo brevemente sull'importanza della verginità di Maria, del fatto cioè che Ella ha concepito e partorito Gesù rimanendo vergine: è una nuova Eva, un nuovo Adamo cioè un dono soprannaturale per salvare il naturale ferito dalla colpa originaria.

Sullo sfondo dell'avvenimento di Nazareth c'è la profezia di Isaia. "Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele, Dio con noi in un volto umano" (Is 7,14). Questa antica promessa ha trovato compimento sovrabbondante nell'Incarnazione del Figlio di Dio. Infatti, non solo la Vergine Maria ha concepito e partorirà verginalmente, ma è avvenuto, come nella creazione per opera dello Spirito Santo, cioè di Dio stesso uni-trino. L'essere umano che comincia a vivere nel suo grembo prende carne, un corpo umano da Maria, ma la sua esistenza in tutto umana appartiene totalmente alla Persona del Figlio del Padre. È pienamente uomo, fatto di terra – per usare il simbolo biblico – ma non persona umana, viene dall'alto, dal Cielo per opera dello Spirito Santo. Il fatto che Maria concepisca e partorisca rimanendo vergine è dunque essenziale per la conoscenza di Gesù e per la nostra fede, perché testimonia che l'iniziativa è stata di Dio Padre e soprattutto rivela chi è la Persona del concepito e partorito verginalmente: il Figlio del Padre in un volto umano per opera dello Spirito santo in Maria. Come dice il Vangelo: "Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio" (Lc 1,35). In questo senso, la verginità nel concepimento e nel parto di Maria e la divinità personale del corpo di Gesù si garantiscono reciprocamente.

Ecco perché è così importante quell'unica domanda che Maria "molto turbata", rivolge all'Angelo: "Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?" (Lc 1,34). Nella sua semplicità, la quindicenne Maria è sapientissima: non dubita del potere di Dio, ma vuole capire meglio la sua volontà, per conformarsi completamente e liberamente cioè per amore a questa volontà. Maria è infinitamente superata dall'avvenimento divino-umano cioè dal Mistero, eppure occupa perfettamente il posto che, al centro di esso, le è stato assegnato in relazione al corpo umano della Persona divina del Figlio di Dio. Il suo cuore e la sua mente sono pienamente umili, e, proprio per la sua singolare umiltà, Dio aspetta il "sì" di questa fanciulla per realizzare il suo disegno. Rispetta la sua dignità e la sua libertà. Il "sì" di Maria implica l'insieme di maternità e verginità, e desidera che tutto in Lei vada a gloria di Dio, e il Figlio che nascerà da Lei possa essere tutto dono di grazia.

La verginità in Maria nel concepimento e nel parto di Gesù è unica e irripetibile; ma il suo significato spirituale riguarda ogni cristiano nella fede nell'Incarnazione. Esso, in sostanza è legato alla fede: infatti, chi confida profondamente nella speranza e nell'amore Dio, accoglie in sé Gesù, la sua vita divina come figlio nel Figlio, per l'azione dello Spirito Santo. È questo il mistero del Natale!  Auguro di viverlo con intima gioia. 

Ci siamo spostati dopo 13 anni

Cari amici, era il 2 novembre 2009 quando prendevamo in mano questo blog e gli davamo una nuova vita, come "voce culturale ufficiale&q...