Approfondire il senso della sua fede


Abdullah, giovane fedele musulmano di un Paese del Medio Oriente, vuole approfondire il senso della sua fede ma, davanti alle sue domande, ottiene sempre più chiusura da parte degli Imam. Una notte gli appare in sogno Gesù, che poi torna a visitarlo: da qui l’inizio della conversione, e in contemporanea la persecuzione di familiari, amici e perfino della polizia segreta, che lo accusano tutti di essere un apostata e lo costringono a una vita da recluso. Fino alla decisione di fuggire in Italia.

Da "Scampato all'Islam" di Abdullah al-Hassan

Uomo innamorato di Dio

 

Francesco è stato un uomo innamorato di Dio e della Creazione, un poeta che si sentiva piccolo e cantava la gloria delle piccole cose e dei piccoli esseri viventi. Tutti i suoi gesti terreni erano rivolti al Cielo e la sua mistica semplice è qualcosa di assolutamente scandaloso per il mondo cinico di oggi.
Da "San Francesco d'Assisi" di Chesterton

Cosa vuol dire riposare alla presenza di Dio


Il riposo non consiste nell’ozio, ma nell’attingere alla fonte della nostra vita e della nostra gioia. Rendi felice Gesú, confida in Lui!

Bisogna dire sempre di sì alla Chiesa?


Alcuni ritengono che il buon cristiano debba sempre dire di sì al Papa, al vescovo, al parroco e a tutte le decisioni della Chiesa. Ma ne siamo proprio sicuri? Gli esempi di san Paolo e di sant'Agostino.

Custodes Traditionis siamo noi!


Chi sono i veri custodi della Tradizione Liturgica Cattolica? Quelli che si inventano cose alla moda e fanno ridurre la presenza in Chiesa? Cos’è veramente che affascina i giovani cristiani? Le parole accorate di Mons. Schneider di prefazione al libro “Nobile bellezza, sublime santità” di Peter Kwasniewski che ha come sottotitolo "Perché la modernità ha bisogno della Messa tradizionale". Un canto alla bellezza che attrae e che salva. Partecipa anche tu alla pubblicazione del Messale Festivo Tradizionale Summorum Pontificum! https://www.paypal.com/pools/c/8xknEqa8b0. Con bonifico bancario all'iban di Fede & Cultura Associazione - Banco Posta IBAN: IT57V0760111700001013008808. Per donazioni dall'estero Codice Bic/Swift BPPIITRRXXX

Come a Cana di Galilea


Come a Cana di Galilea, lei è una madre sollecita: si preoccupa che non venga mai a mancare il buon vino della fede e della speranza in un mondo che è continuamente bersagliato dagli attacchi del nemico; è lei che ci spinge a obbedire alla volontà del Figlio che dalla croce ci ha affidati a lei.

Da "Testimone dell'amore" di Ugo Sauro



Motu Proprio Summorum Pontificum un tesoro per la Chiesa

La Messa Antica nelle intenzioni di Papa Benedetto XVI secondo le spiegazioni dei più importanti liturgisti, in primis il Cardinale Raymond Leo Burke e il Cardinale Gerhard Ludwig Müller.

Una luce per comprendere Traditionis Custodes di Papa Francesco, che, come tutti i testi più recenti va accolto e compreso alla luce della Tradizione cattolica. Come accoglierlo? Nel video alcune indicazioni dal prof. Giovanni Zenone.


Il Motu proprio “Summorum Pontificum” di S.S. Benedetto XVI - 4


Salviamo la messa di sempre.


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Comincerà una nuova vita

 


Lina è una ragazza della media borghesia di Verona, con genitori assenti, vive con sua nonna. Improvvisamente e tragicamente, muore a causa di un incidente in moto: una ragazza migrante algerina sua sosia con alle spalle un doloroso vissuto di violenze, Leila, si sostituisce a lei prendendone l’identità senza che nessuno se ne accorga. Per Leila comincerà una nuova vita, troverà una nuova famiglia e scoprirà l’amore.

Da "Svegliarsi con Lina" di Maurizio Munzi

Salviamo la Messa di sempre


"Custodes traditionis" limita duramente la Santa Messa di sempre? Noi cosa possiamo fare? Innanzitutto conservare e tramandare quello che abbiamo ricevuto. Sostieni anche tu la nuova edizione del Messale Festivo Tradizionale "Summorum Pontificum", aiutaci a fare l'ultimo passo! Dio te ne renda merito! Con Paypal o carta di credito alla pagina https://www.paypal.com/pools/c/8xknEqa8b0. Con bonifico bancario all'iban di Fede & Cultura Associazione - Banco Posta IBAN: IT57V0760111700001013008808. Per donazioni dall'estero Codice Bic/Swift BPPIITRRXXX

Relazione con Dio basato sulla benedizione

 


Attraverso una storia di purificazione lunga e dolorosa, la liturgia d’Israele è arrivata a uno stile di relazione con Dio basato sulla benedizione (berakāh). Ogni tipo di preghiera personale o liturgica non poteva che iniziare e terminare così.

Indipendenza dall’Inghilterra


Nel 1300 gli scozzesi cercavano (e ottenevano) l’indipendenza dall’Inghilterra con la spada in sanguinose ed eroiche battaglie iscritte nell’epopea nazionale, come si vede nel kolossal cinematografico Braveheart. Nel 1707, attraverso l'Atto di Unione approvato dai Parlamenti inglese e scozzese, la Scozia cessava di essere una nazione libera ed indipendente, ricadendo sotto il governo di Londra. Non è però stato possibile mettere da parte le spinte indipendentiste della regione, basate su una forte e persistente identità culturale e religiosa.

Da "Il cardo e la croce" di Paolo Gulisano.

NUOVA USCITA! Nobile bellezza, sublime santità


La liturgia tradizionale della Chiesa cattolica è un rituale altamente codificato che si svolge secondo ben definiti gesti, simboli, formule e canti. Nonostante in molti, dopo il Concilio Vaticano II, l’abbiano ritenuta irrilevante per l’uomo moderno, la Messa in latino è sopravvissuta ed è divenuta sempre più familiare nel panorama cattolico odierno. Quali sono le ragioni di questo risveglio, soprattutto fra i giovani? E perché questo sviluppo è così importante per il rinnovamento del cattolicesimo? Questo libro parla della bellezza, della santità e del misticismo della Messa in latino, dimostrando come questo tesoro sia inscindibile dalla storia della Chiesa e dalla sua essenza teologica. Se ci sarà una nuova primavera nella Chiesa, essa potrà passare solo per la restaurazione della liturgia tradizionale.



Volgiamoci a Cristo nella Santa Messa!


Cosa dice sant'Agostino su dove si debba guardare durante la Messa? Cosa si fa adesso? Perché è mancanza di rispetto voltare le spalle a Dio in chiesa? A cosa ci chiamano Dio e i santi? Cosa possiamo fare noi laici, visto che cambiar la testa al clero è più difficile che cavare il sangue dalle pietre?

NUOVA USCITA! Il prossimo papa


La Chiesa cattolica è sull’orlo di un cambiamento significativo: il prossimo papa potrebbe essere stato un adolescente, se non addirittura un bambino, durante il Concilio Vaticano II. Sarà una figura di transizione in modo diverso dai suoi immediati predecessori, e per questo è necessario riflettere ora su ciò che la Chiesa ha appreso durante i pontificati di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e di Francesco. Questo libro propone cosa dovrà fare il nuovo papa per rispondere alle sfide del XXI secolo, per rimanere fedeli all’appello dello Spirito Santo, alla testimonianza evangelica e al fervore missionario. Ma soprattutto affrontare una riforma della Chiesa incentrata su Gesù Cristo a seguito dei gravi fallimenti istituzionali e della confusione liturgico-dottrinale degli ultimi decenni.

NUOVA USCITA! Le verità di fede

I dogmi sono le verità di fede che la Chiesa ci dona per vivere coscientemente la nostra fede e pienamente la nostra vita. Non sostituiscono le Sacre Scritture ma le illuminano e sono il risultato di un millenario processo di comprensione passato attraverso i concili e le decisioni magisteriali. Questo libro li racchiude tutti, sottolineandone i diversi livelli di importanza: solo attraverso la mediazione fatta dalla Chiesa cattolica durante i secoli sarà possibile evitare fraintendimenti e interpretazioni sbagliate.



Santo Rosario contro il ddl Zan


Oggi alle 15,00 in diretta sul canale telegram di Fede & Cultura https://t.me/fedecultura partecipa anche tu con il prof. Giovanni Zenone al Santo Rosario per scongiurare l'approvazione della satanica legge Zan. Ci troviamo sul canale cinque minuti prima per spartirci le decine del Rosario tra chi vuole dirigere. Grazie!

Uniti nella preghiera contro il ddl Zan - 13 luglio 2021 - ore 15


 

Morte dell'eremita Manfredo Settala


Gli ultimi momenti di vita e la morte di un eremita. Lo sguardo di compassione sul mondo e le parole di Cristo come missione e viatico: solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, Lui solo adorerai. Leggi la biografia romanzata di Manfredo Settala scritta dall'eremita Padre MIchele Di Monte.

Rimettiamo l'acqua santa in chiesa!


Ciò che contamina l'uomo viene da dentro l'uomo, non da fuori. Basta con l'uso magico di elementi non propri della liturgia. In Chiesa dobbiamo trovare gli strumenti spirituali e non la scimmiottatura di quelli umani. Qual è il significato dell'acqua santa? Perché è importante nella Chiesa? Perché non deve essere eliminata?

Falso medievale?


La Sindone è davvero il lenzuolo funebre di Gesù oppure si tratta di un falso medievale? I Vangeli narrano fatti realmente accaduti oppure sono semplici leggende? La risposta a queste domande non è secondaria, perché coinvolge profondamente la nostra vita. Di certo la Sindone è il reperto archeologico più studiato al mondo e i Vangeli ne costituiscono l’unica chiave interpretativa.

Da "Luce dal sepolcro" di Marinelli e Fasol.

 


NUOVA USCITA! Purezza senza compressi



Tante volte la masturbazione è stata definita un "problema maschile" che le donne devono affrontare in silenzio, ma la realtà è ben diversa: anche molte ragazze e giovani donne hanno bisogno di aiuto per uscire da questa dipendenza, davanti alla quale spesso si sentono sole. Portando finalmente un argomento considerato tabù, questo libro fornisce incoraggiamento e strategie pratiche per superare questa e altre dipendenze (prima fra tutte la pornografia) che impediscono alle persone di vivere nell’autentica libertà e nel vero amore per cui siamo stati creati.



La dittatura LGBT del disegno di legge Zan


L'appello del Senatore Simone Pillon per manifestare la libertà di dire la verità contro una legge che vuole imporre il male e la menzogna per legge. L'11 luglio chiamata in Piazza del Popolo a Roma.

Robert Hugh Benson - Il padrone del mondo

di Paolo Nardi

è arrivato il momento della pubblicazione della nuova edizione per Fede & Cultura de Il padrone del mondo di Robert Hugh Benson con la traduzione curata dal sottoscritto, nuova traduzione quanto mai necessaria soprattutto alla luce del fatto che l’edizione Jaca Book (a opera di Paola Eletta Leoni del 1987) era di molto superiore a quella di Fede & Cultura (di Corrado Raspini del 1920). Inoltre, un romanzo come questo (distopico, futuristico e visionario) necessitava di una lingua contemporanea perché se ne potesse cogliere l’attualità: come dice Luca Fumagalli, autore della biografia Robert Hugh Benson: sacerdote, scrittore, apologeta, il particolare inconsapevolmente geniale del romanzo è che, essendo stato scritto nel 1907, è completamente estraneo alle ideologie che hanno dominato il Novecento. La distopia che Benson realizza è quella di un mondo aideologico (almeno secondo le ideologie tradizionali) e quindi, inconsapevolmente, ci catapulta nella stretta attualità, cioè in un mondo postideologico dove domina un’ideologia subdola, pacifica, tollerante, che fa di tutto per unire e riuscire a convivere, ma dove la componente religiosa viene messa sempre più da parte, con l’uomo che viene eletto a divinità e diventa il legislatore supremo. Per il prete cattolico Benson però l’uomo è segnato dal peccato originale e questa utopia mostra ben presto la corda, visto che cominciano a verificarsi stragi di cattolici: è il personaggio di Mabel (forse il più complesso del romanzo) a cogliere la schizofrenia di un mondo che le ha promesso la vera pace dopo gli anni dell’intolleranza religiosa e che ora dimostra invece che gli uomini sono barbari esattamente come prima). Oltre agli apprezzamenti, rinnovo allo steso tempo le mie critiche a un romanzo che sconfina spesso nel fideistico, abbonda di descrizioni inutili e pecca di alcune facilonerie monarchico-vittoriane (il trionfo del papa che celebra davanti a tutti i sovrani della terra, rigettati dalla democrazia e confluiti a Roma), e che termina con un finale apocalittico poco coraggioso e incisivo (segno che, con ogni probabilità, a Benson non interessava affatto creare un romanzo autenticamente distopico). Forse non è il capolavoro che si pretenderebbe, ma è comunque un libro da leggere. Qui di seguito la mia prefazione alla nuova traduzione:

"Alla luce del costante successo di un titolo come Il padrone del mondo e, soprattutto, delle recenti parole di Papa Francesco, che l’ha definito un romanzo capace di aver “visto quello spirito della mondanità che ci porta all’apostasia” nel contesto della condanna del “pensiero unico” che discende dalle lusinghe della modernità, abbiamo creduto che presentare una nuova traduzione del romanzo più famoso di Robert Hugh Benson in occasione del centenario della morte del suo autore (avvenuta nel 1914) fosse un omaggio doveroso ma soprattutto necessario. Senza nulla togliere alla primitiva traduzione di Corrado Raspini del 1920, che comunque è rimasta sempre il riferimento fondamentale, il romanzo meritava una veste linguistica più moderna e graffiante, capace di parlare ai lettori contemporanei e vincere le resistenze presentate da un italiano che, lo si voglia o no, è molto cambiato nel corso di un secolo. Pertanto, non si troveranno più esclamazioni come “Che cicalata gazzettiera!” e “Deploro il mio fallo!”, che forse erano comuni ai tempi di Raspini ma che suonano bizzarre se non addirittura incomprensibili per un lettore del 2014. Oltre a una lingua più consona ai tempi, il criterio che si è deciso di seguire in questa nuova traduzione è stato il rispetto dei nomi originali nella loro versione inglese e per la toponomastica di Londra (dove si svolge buona parte del romanzo): per questa ragione, rispetto alla vecchia edizione Fede & Cultura, il papa Benedetto XVI (scelta all’epoca dettata dalla volontà di collegare la persecuzione nei confronti della Chiesa che il romanzo racconta all’attualità e al papa di quel periodo, Joseph Ratzinger) è tornato a essere Giovanni XXIV, e tutti potranno riconoscere luoghi familiari quali Trafalgar Square, Parliament Square e Victoria Station, con il loro vero nome, senza vetuste e obsolete italianizzazioni (Piazza Trafalgar, Piazza del Parlamento e Stazione Vittoria) che trovano ancora spazio solo in vecchie guide turistiche di una Londra che non c’è più. Infine, vista la carica visionaria di un romanzo distopico come Il padrone del mondo, si è cercato di valorizzare la portata delle invenzioni futuristiche (e per certi versi profetiche) di Benson. Il termine euthanasia è diventato il comune “eutanasia”, mentre un termine come volor, indicante un mezzo volante a metà strada tra uno zeppelin e un ornitottero di Leonardo da Vinci, non si poteva di certo tradurre semplicemente con “aereo” o “battello volante”: si è scelto quindi di proporre il termine “alivascello”, più in linea con lo spirito fantasioso dell’originale, ed esteso di conseguenza anche agli aeroporti, immaginati da Benson come vere e proprie fermate ferroviarie e chiamati in questa traduzione “alistazioni”. Siamo convinti che questa nuova edizione potrà dare nuova vita a un testo così importante e suscitare un rinnovato interesse per esso".

Notizia dell’ultima ora: ho scoperto che, per le solite casualità del mercato editoriale, in contemporanea a questa nuova edizione Fede & Cultura, è uscita anche una nuova edizione del Padrone del mondo per la Fazi. Si sa, del romanzo ha parlato Papa Francesco, ed è quindi comprensibile che sia divenuto improvvisamente attraente (commercialmente parlando). Non ne so nulla, ma dico solo una cosa: la nostra edizione costa 4 € di meno (14 contro 18) e ha una copertina molto più bella. Per la qualità e la cura, garantisco io (per quello che può valere). E sono arcisicuro che l’edizione della Fazi non ha gli alivascelli.

Ma non era il papa più amato dai progressisti?

di Sandro Magister

Nell'omelia di lunedì 18 novembre a Santa Marta papa Francesco ha preso spunto dal primo libro dei Maccabei – di cui è iniziata la lettura in questo scorcio dell'anno liturgico – per dare una micidiale lavata di capo a quel "progressismo adolescenziale" disposto a sottomettersi alla "uniformità egemonica" del "pensiero unico frutto della mondanità".

Un pensiero che legalizza anche "le condanne a morte", anche "i sacrifici umani". "Ma voi – ha chiesto il papa – pensate che oggi non si facciano, i sacrifici umani? Se ne fanno tanti, tanti! E ci sono delle leggi che li proteggono”.

Difficile non vedere in questo grido di dolore di papa Francesco anche le innumerevoli vite falciate sul nascere dall'aborto.

Nel deprecare l'avanzata di "questo spirito di mondanità che porta all'apostasia" il papa ha citato un romanzo "profetico" d'inizio Novecento che è una delle sue letture preferite: "Il padrone del mondo" di Robert H. Benson, un sacerdote anglicano, figlio di un arcivescovo di Canterbury, che si convertì al cattolicesimo.

Gesù – ha ricordato il papa – apostrofa come "generazione adultera e malvagia" coloro che "negoziano una cosa essenziale al proprio essere, la fedeltà al Signore". Forse non negoziano alcuni valori ai quali non rinunciano; ma si tratta di valori – ha sottolineato – che alla fine sono talmente svuotati di senso da restare soltanto "valori nominali, non reali".

da Settimo Cielo

Papa Francesco: L’uniformità egemonica del progressismo adolescenziale porta all’apostasia

da Redazione

Papa Francesco nella Messa oggi a Santa Marta, prendendo spunto dal Libro dei Maccabei, ha parlato della «radice perversa» della mondanità. Come accaduto alle guide del popolo di Israele che, volendo evitare l’isolamento dalle altre nazioni, abbandonano le proprie tradizioni entrando in compromesso con il re. È come se questi, ha spiegato il Pontefice, dicessero «siamo progressisti, andiamo con il progresso dove va tutta la gente». Questo è «spirito del progressismo adolescente» che «crede che andare avanti in qualsiasi scelta è meglio che rimanere nelle abitudini della fedeltà». Questo, ha detto papa Francesco, «si chiama apostasia, adulterio», perché si negozia e mercanteggia «l’essenziale: la fedeltà al Signore».

PENSIERO UNICO. Scelte gravide di conseguenze, ha detto il Santo Padre. Parlando ancora del popolo di Israele, egli ha notato che il loro cedimento li portò a farsi imporre le usanze dagli altri: «È la globalizzazione dell’uniformità egemonica, è proprio il pensiero unico. E questo pensiero unico è frutto della mondanità». Riprendendo la lettura, papa Francesco ha detto che «tutti i popoli si adeguarono agli ordini del re; accettarono anche il suo culto, sacrificarono agli idoli e profanarono il sabato».

PROGRESSISTI. Quanto descritto dalla Bibbia non è relegabile ad un antico passato. Accade anche oggi. «Sì – ha detto papa Francesco -. Perché lo spirito della mondanità anche oggi c’è, anche oggi ci porta con questa voglia di essere progressisti sul pensiero unico. Se presso qualcuno veniva trovato il Libro dell’Alleanza e se qualcuno obbediva alla Legge, la sentenza del re lo condannava a morte: e questo l’abbiamo letto sui giornali, in questi mesi. Questa gente ha negoziato la fedeltà al suo Signore; questa gente, mossa dallo spirito del mondo, ha negoziato la propria identità, ha negoziato l’appartenenza ad un popolo, un popolo che Dio ama tanto, che Dio vuole come popolo suo».

L’ABORTO. Papa Francesco ha poi fatto riferimento al bellissimo romanzo di Robert Hugh Benson, Il padrone del mondo. In quell’opera, ha detto il Pontefice si analizza «quello spirito di mondanità che ci porta all’apostasia». Un’apostasia che si uniforma al mondo, che «segue la storia», e infatti ci impone «le condanne a morte, i sacrifici umani». E qui è inevitabile pensare all’aborto, tanto che papa Bergoglio ha poi chiesto: «Ma voi pensate che oggi non si facciano, i sacrifici umani? Se ne fanno tanti, tanti! E ci sono delle leggi che li proteggono».

DIO RIMANE FEDELE. Tuttavia, esiste ancora un punto di speranza per gli uomini perché Dio «rimane a loro fedele: Lui sempre ci aspetta, Lui ci ama tanto e Lui ci perdona quando noi, pentiti per qualche passo, per qualche piccolo passo in questo spirito di mondanità, andiamo da Lui, il Dio fedele davanti al Suo popolo che non è fedele. Con lo spirito di figli della Chiesa preghiamo il Signore perché con la Sua bontà, con la Sua fedeltà ci salvi da questo spirito mondano che negozia tutto; che ci protegga e ci faccia andare avanti, come ha fatto andare avanti il suo popolo nel deserto, portandolo per mano, come un papà porta il suo bambino. Alla mano del Signore andremo sicuri».

da Tempi

Il Papa: col progressismo arrivano i sacrifici umani

di Massimo Introvigne


«Lo spirito della mondanità anche oggi c’è, anche oggi ci porta con questa voglia di essere progressisti sul pensiero unico». Il Papa addita chi «negozia la fedeltà in Dio», aprendo la strada, come nel Libro dei Maccabei, ai sacrifici umani».


Di solito La nuova Bussola Quotidiana non commenta le omelie di Papa Francesco a Santa Marta, non perché un'omelia pontificia non sia Magistero - lo è -, ma perché non ne sono diffusi testi ufficiali ma solo riassunti giornalistici. Ogni regola però ha le sue eccezioni, e l'omelia del 18 novembre - di cui traiamo citazioni da Radio Vaticana - è così significativa che merita di non essere ignorata. Si tratta di una fortissima denuncia, nel solco di Benedetto XVI, di un «progressismo» che «negozia» la fedeltà al Signore, cede a diabolici «padroni del mondo» e finisce per appoggiare «leggi che proteggono sacrifici umani».

Il Pontefice parla spesso della mondanità spirituale - che non è l'amore del lusso (quella è la mondanità materiale) ma il compiere opere buone per mero umanitarismo e non per amore di Dio - e nell'omelia è tornato sulla «radice perversa» di questa mondanità. La lettura del giorno, tratta dal Primo Libro dei Maccabei, ci mostra «uomini perversi» che vogliono spingere Israele ad allearsi con i potenti del tempo, anche se sono nemici di Dio. Il discorso di questi perversi, ha detto il Papa, si può riassumere così: «Siamo progressisti, andiamo con il progresso dove va tutta la gente».

Questo «spirito del progressismo adolescente» che si adatta ai poteri forti dominanti e «crede che andare avanti in qualsiasi scelta è meglio che rimanere nelle abitudini della fedeltà» è la radice della perversità. Ed esiste ancora oggi. Il progressista «negozia» «la fedeltà al Dio sempre fedele», e questo negoziare la fedeltà al Signore, si chiama «apostasia» e «adulterio».

Con riferimento più che implicito a quanti criticavano il predecessore Benedetto XVI per l'espressione «valori non negoziabili», Papa Francesco ha detto che allontanandosi dai precetti del Signore per conformarsi ai poteri dominanti questi progressisti, a ben guardare, «non negoziano i valori ma negoziano la fedeltà. E questo è proprio il frutto del demonio, del principe di questo mondo, che ci porta avanti con lo spirito di mondanità».

Come va a finire? La lettura biblica ce lo mostra: «accadono le conseguenze. Hanno preso le abitudini dei pagani, poi un passo avanti: il re prescrisse in tutto il suo regno che tutti formassero un solo popolo e ciascuno abbandonasse le proprie usanze. Non è la bella globalizzazione dell’unità di tutte le Nazioni, ma, ognuna con le proprie usanze ma unite, ma è la globalizzazione dell’uniformità egemonica, è proprio il pensiero unico. E questo pensiero unico è frutto della mondanità». È quello che oggi si chiama il nuovo ordine mondiale, che però la Bibbia chiama «abominio di devastazione» e adorazione di idoli imposti dai più forti.

«Questo succede anche oggi?» si è chiesto il Pontefice. E ha risposto: «Sì. Perché lo spirito della mondanità anche oggi c’è, anche oggi ci porta con questa voglia di essere progressisti sul pensiero unico». Nel brano del Primo Libro dei Maccabei si legge che «se presso qualcuno veniva trovato il Libro dell’Alleanza e se qualcuno obbediva alla Legge, la sentenza del re lo condannava a morte», perché il re si era venduto ai nemici di Dio. «E questo - afferma il Papa - l’abbiamo letto sui giornali, in questi mesi. Questa gente ha negoziato la fedeltà al suo Signore; questa gente, mossa dallo spirito del mondo, ha negoziato la propria identità, ha negoziato l’appartenenza ad un popolo, un popolo che Dio ama tanto, che Dio vuole come popolo suo». Anche oggi i cristiani rischiano la prigione o peggio se si rifiutano di negoziare la loro identità.

Il Pontefice ha citato un romanzo - non proprio progressista - del pastore anglicano, figlio dell'Arcivescovo di Canterbury, convertito al cattolicesimo e divenuto sacerdote cattolico Robert Hugh Benson (1871-1914),«Il padrone del mondo», che fustiga precisamente i cristiani progressisti che cedono ai poteri forti e svendono la loro fede. Il romanzo, ha detto Francesco, denuncia giustamente «quello spirito di mondanità che ci porta all’apostasia», uno spirito che minaccia la Chiesa ancora oggi. Infatti, ci sono ancora nella Chiesa - e sono tanti - coloro che pensano che «dobbiamo essere come tutti, dobbiamo essere più normali, come fanno tutti, con questo progressismo adolescente». Poi purtroppo «segue la storia»: la Bibbia mostra «le condanne a morte, i sacrifici umani». Sbaglia chi pensa che siano cose di un passato remoto, «Ma voi – ha chiesto il Papa – pensate che oggi non si facciano, i sacrifici umani? Se ne fanno tanti, tanti! E ci sono delle leggi che li proteggono». Ogni riferimento all'aborto e al l'eutanasia non è casuale.

«Ma quello che ci consola - ha concluso il Papa - è che davanti a questo cammino che fa lo spirito del mondo, il principe di questo mondo, il cammino di infedeltà, sempre rimane il Signore che non può rinnegare se stesso, il Fedele: Lui sempre ci aspetta, Lui ci ama tanto e Lui ci perdona quando noi, pentiti per qualche passo, per qualche piccolo passo in questo spirito di mondanità, andiamo da Lui, il Dio fedele davanti al Suo popolo che non è fedele. Con lo spirito di figli della Chiesa preghiamo il Signore perché con la Sua bontà, con la Sua fedeltà ci salvi da questo spirito mondano che negozia tutto; che ci protegga e ci faccia andare avanti, come ha fatto andare avanti il suo popolo nel deserto, portandolo per mano, come un papà porta il suo bambino. Alla mano del Signore andremo sicuri».

da La Nuova Bussola Quotidiana

No al pensiero unico

di Andrea Galli

È la perenne lotta tra la fedeltà a Dio e lo spirito del mondo, quella richiamata ieri mattina dal Papa. Nell’omelia della Messa a Casa Santa Marta, divulgata in sintesi dalla Radio Vaticana, Francesco si è soffermato sulla prima lettura, tratta dal primo libro dei Maccabei, con l’arrivo sulla scena di Antioco Epifane, «radice perversa», nuovo sovrano del regno seleucide, colui che cercò di ellenizzare Israele; e accanto a lui la comparsa di israeliti «scellerati», che propongono di svendere la propria identità per un’alleanza con le nazioni pagane vicine, «perché, da quando ci siamo separati da loro, ci sono capitati molti mali».

Le guide del popolo, ha detto il Papa, abbandonano le proprie tradizioni per andare a trattare con il re, con entusiasmo. Come se dicessero: «Siamo progressisti, andiamo con il progresso dove va tutta la gente». Ma negoziare con il re «la fedeltà al Dio sempre fedele» è «apostasia», «adulterio». «Questo – ha rimarcato – è proprio il frutto del demonio, del principe di questo mondo che ci porta avanti con lo spirito di mondanità. E poi, accadono le conseguenze. Hanno preso le abitudini dei pagani, poi un passo avanti: il re prescrisse in tutto il suo regno che tutti formassero un solo popolo e ciascuno abbandonasse le proprie usanze. Non è la bella globalizzazione dell’unità di tutte le Nazioni, ma, ognuna con le proprie usanze ma unite, ma è la globalizzazione dell’uniformità egemonica, è proprio il pensiero unico. E questo pensiero unico è frutto della mondanità». Bergoglio ha quindi fatto riferimento a un libro a lui caro, Il padrone del mondo, scritto nel 1907 da Robert Hugh Benson, pastore anglicano convertito al cattolicesimo, che tratta proprio di «quello spirito di mondanità che ci porta all’apostasia». Anche oggi, infatti, si pensa che «dobbiamo essere come tutti, dobbiamo essere più normali, come fanno tutti, con questo progressismo adolescente». L’esito di questo cedimento, come narrato dal libro dei Maccabei, sono però «le condanne a morte, i sacrifici umani». «E pensate che oggi non si facciano, i sacrifici umani?» ha detto il Papa, «se ne fanno tanti, tanti! E ci sono delle leggi che li proteggono». «Quello che ci consola – ha concluso – è che davanti a questo cammino che fa lo spirito del mondo, il principe di questo mondo, il cammino di infedeltà, sempre rimane il Signore che non può rinnegare se stesso, il Fedele: Lui sempre ci aspetta, Lui ci ama tanto e Lui ci perdona quando noi, pentiti per qualche passo, per qualche piccolo passo in questo spirito di mondanità, andiamo da Lui, il Dio fedele davanti al Suo popolo che non è fedele. Con lo spirito di figli della Chiesa preghiamo il Signore perché con la Sua bontà, con la Sua fedeltà ci salvi da questo spirito mondano che negozia tutto; che ci protegga e ci faccia andare avanti, come ha fatto andare avanti il suo popolo nel deserto, portandolo per mano, come un papà porta il suo bambino. Alla mano del Signore andremo sicuri». Con il Papa ha concelebrato l’arcivescovo Pietro Parolin, segretario di Stato.

da Avvenire

Il pensiero unico e “Il padrone del mondo ” di Robert H. Benson

di Caterina Maniaci

All’inizio del Novecento un certo numero di autori e di libri si sono concentrati su un mito e su una profezia: quella dell’Anticristo, dell’utopia che si trasforma in incubo, il pensiero unico dominante, la fine dell’uomo. Prima fra tutti il racconto L’Anticristo, contenuto nei Tre dialoghi di Vladimir Soloviev, nel 1900. Profezie angoscianti, che di lì a pochi decenni si sarebbero, almeno in parte, storicicizzate in regimi disumani e criminali, come il nazifascismo e la dittatura comunista. Ma le profezie non si sono compiute solo in queste incarnazioni storiche delle aberrazioni denunciate. E forse il peggio deve ancora arrivare. Nell’omelia del 18 novembre a Santa Marta papa Francesco ha preso spunto dalla rivolta dei Maccabei contro le potenze dominanti dell’epoca per vibrare un gran colpo a quel progressismo adolescenziale, anche cattolico, disposto a sottomettersi alla uniformità egemonica del pensiero unico frutto della mondanità.
Il pensiero unico che domina il mondo, ha spiegato il Papa, legalizza anche “le condanne a morte”, anche “i sacrifici umani”. “Ma pensate che oggi non si facciano, i sacrifici umani? Se ne fanno tanti, tanti! E ci sono delle leggi che li proteggono”.
Difficile non vedere in questo grido di dolore di papa Francesco le innumerevoli vite umane falciate sul nascere con l’aborto, oppure stroncate con l’eutanasia.
Da notare, come fa Sandro Magister nel suo blog “Settimo cielo”, che “i media di tutto il mondo hanno ignorato questa omelia di papa Francesco, che in effetti contraddice clamorosamente gli schemi progressisti, o addirittura rivoluzionari, con cui egli viene generalmente descritto”.
Nel puntare il dito proprio l’avanzata di “questo spirito di mondanità che porta all’apostasia”  il Papa ha citato un romanzo di quei romanzi profetici d’inizio Novecento che è una delle sue letture preferite: “Il padrone del mondo” di Robert H. Benson, sacerdote anglicano, figlio di un arcivescovo di Canterbury, che si convertì al cattolicesimo. Il romanzo, ora pubblicato dalla casa editrice Fede e Cultura, che ha il grande merito di far conoscere opere di autori trascurati dalla grande distribuzione e di apologetica, spesso negletta e trascurata.

Scritto nel 1907, il romanzo  racconta l’ascesa del grande filantropo Giuliano Felsemburgh, democratico, fautore della pace mondiale, che vuole realizzare un mondo ideale con l’avvento di un nuovo umanitarismo che predica la tolleranza universale, annullando le differenze fra le religioni e quindi di fatto azzerandole. La Chiesa Cattolica non accetta la situazione  e quindi, proprio in nome della tolleranza, viene perseguitata  fin quasi alla sua completa eliminazione. Impressiona la descrizione realistica  di fenomeni e elementi del “mondo che verrà” comunicazioni istantanee che collega ogni luogo, trasporti aerei e sotterranei, luce solare artificiale, un parlamento europeo, attentati con kamikaze, il crollo della Russia, la crisi delle vocazioni, l’apostasia di preti e vescovi, la persecuzione e la solitudine del Papa.

Però nel Padrone del mondo  risulta evidente che la fede cristiana rischia di scomparire non tanto per le persecuzioni. Ma a causa dell’influenza della religione umanitaria del relativismo. Ma, secondo Benson, “non prevalebunt” perché l’unico Salvatore non abbandona il suo popolo.

da korazym.org

Ecco il libro consigliato da Papa Francesco


di Giuseppe Frangi

Ne aveva già parlato in occasione di una messa mattutina a Santa Marta il 19 novembre 2013. Nella predica quella volta papa Francesco aveva ricordato il libro “Il padrone del mondo” di Robert Hugh Benson, figlio dell'arcivescovo di Canterbury, Edward White Benson, nel quale l'autore parla dello spirito del mondo e – parole di Bergoglio - «quasi come fosse una profezia, immagina cosa accadrà. Quest'uomo, si chiamava Benson, si convertì poi al cattolicesimo e ha fatto tanto bene. Ha visto proprio quello spirito della mondanità che ci porta all'apostasia».

“Il Padrone del mondo” era uscito nel 1907 e come il celebre 1984 di Orwell è sempre stato ritenuto uno dei libri più realisticamente futuristici scritti nel 1900. Pensate che Benson immaginando il mondo del 2000, lo dota di mezzi di comunicazione globale che assomigliano in modo stupefacente a Internet. Ma non è questo il motivo che rende interessante questo libro per Bergoglio. E non è neppure il tenore apocalittico che pervade il romanzo. Papa Francesco suggerisce la lettura del libro come antidoto al «progressismo adolescenziale», «alla globalizzazione dell’uniformità egemonica caratterizzata dal pensiero unico».

Il libro racconta di un mondo spaccato in due grandi sfere, un Occidente liberal massonico e un Oriente dominato dal nuovo asse tra Giappone e Cina. La chiesa è circoscritta a Roma, una piccola isola sotto assedio e ridotta a livelli infinitesimali per quanto riguarda i numeri. È in questo rapporto squilibrato di forze, con i due imperi che tendono a convergere per creare un unico presidente del mondo, che si inserisce la figura inattesa del prete cattolico Percy Franklin. Quando Roma viene rasa al suolo come ripicca per una congiura di cattolici contro l’Abbazia di Londra che era stata trasformata in Tempio Massonico, Franklin viene eletto Papa con il nome di Silvestro III dai due unici cardinali sopravvissuti. Da Papa lascia Roma e torna all’origine, cioè a Nazareth per ricostruire la Chiesa, in un’atmosfera che sembra sempre più una vigilia dell’Apocalisse.

Ma il nodo vero del libro è quello che Augusto Del Noce, il più grande filosofo cattolico del 900, aveva evidenziato quando uscì dopo tanti anni la nuova edizione italiana da Jaca Book nel 1988. Quello che il nuovo Padrone del Mondo, presidente degli imperi unificati chiede alla Chiesa è di essere un’agenzia morale, e di riconoscere «che la sua fede e la sua speranza sono appunto un’“aggiunta”; etica e politica prescindono da ogni professione religiosa; l’essere consapevoli significa lavorare per l’unione degli uomini di buona volontà; la fede, insomma, rischia di dividere, mentre l’amore, associato a una scienza valida per tutti, unisce».

La Chiesa come strumento quindi di un “umanitarismo” globale e di una “grande fratellanza universale”. In un mondo che, visto dagli occhi del protagonista, «pareva un mondo da cui Dio stesso aveva voluto ritirarsi, dopo averlo lasciato nella più completa soddisfazione di sé, privo di fede e di speranza».

da vita.it


Solo una presenza può salvarci dall’Anticristo soft. L’introduzione di Negri a “Il padrone del mondo”

di Luigi Negri

Papa Francesco ne ha parlato diverse volte, l’ultima sul viaggio di ritorno dalle Filippine, consigliandone caldamente la lettura. Si tratta de Il padrone del mondo, romanzo distopico scritto nel 1907 da Robert Hugh Benson (1867 – 1914). Il suo autore, figlio di anglicani, si convertì al cattolicesimo e divenne sacerdote nel 1904. Il suo romanzo, ambientato nel futuro, narra la presa del potere da parte di Julian Felsenburgh, sotto la cui figura si cela l’Anticristo, che in nome dell’umanitarismo e del comunismo, abbatte la Chiesa cattolica e conquista il mondo.

In occasione del centenario della scomparsa dell’autore, il romanzo è stato ripubblicato da Fede e cultura in una nuova traduzione. Per gentile concessione della casa editrice, ripubblichiamo di seguito la prefazione scritta da monsignor Luigi Negri, arcivescovo di Ferrara-Comacchio.

Carissimi amici, sono lieto di accompagnare con poche parole la riedizione de Il padrone del mondo, uno dei libri che ha inciso più profondamente nella mia personalità. Peraltro, confidenzialmente, posso dirvi che parlando con il Santo Padre Benedetto XVI ho avuto la confidenza che anche per Lui, la lettura de Il padrone del mondo, nella prima edizione tedesca, fu un fatto di grande importanza.

Questo libro, scritto nel 1907 da un grande cristiano, è una profezia terribile per la concretezza e per la specificità del mondo in cui viviamo e del cammino che ha portato a questo mondo. Da un lato questo enorme apparato che omologa le persone, i gruppi sociali, le nazioni, i popoli, che li omologa sulla base di un umanismo sostanzialmente ateo, che ha dei riferimenti a valori comuni che sono valori cristiani profondamente laicizzati e secolarizzati.

Quindi una società dove non esistono più differenze, qualsiasi tipo di differenza: quella religiosa, quella sociale, quella culturale viene sentita come negativa e il tentativo che è quello di operare una unificazione o, come si potrebbe dire una omologazione dell’intero pianeta. Poi ci sono differenze che incombono minacciosamente come tutto l’est, tutto l’oriente, ma al di là dello specificarsi delle cose l’intuizione di Benson è che si sarebbe andati verso una negazione di Dio attraverso la costruzione di una società obiettivamente senza Dio. Ora, per costruirsi questa società, anche questa è un’intuizione formidabile, occorre divinizzare il tentativo che si sta facendo, come ai tempi della costruzione della torre di Babele; si deve assolutizzare il progetto e si devono divinizzare coloro che realizzano questo progetto e siccome la logica dell’unità è una logica ferreamente umana, si deve assolutizzare colui che di fatto sta guidando questa grande operazione.

Ecco l’immagine di Julian Felsenburgh che è sostanzialmente l’anticristo, l’anticristo soft, ma l’anticristo di una società che vuole fare a meno di Dio e quindi vuole fare a meno di Cristo. Ma l’intuizione formidabile, vorrei dire non soltanto sul piano della disamina di carattere culturale e sociale, ma dal punto di vista ecclesiale è che Benson indica che la strada che la Chiesa non può non percorrere, anche nelle situazioni terribili in cui vive, è la strada della presenza, essere cristiani presenti come ha ricordato il Santo Padre Benedetto XVI.

Di fronte a questa presenza che si riduce progressivamente, numericamente in modo spaventoso ma che non finisce, nonostante i tentativi contro questa differenza, servono tutti i mezzi, ma soprattutto viene riabilitata la violenza, una violenza cinica perché una volta che si sia tolta la peste del cristianesimo la società potrà veleggiare verso il futuro senza più remore o condizionamenti. Quindi, si persegue e si realizza la distruzione totale di Roma e qualsiasi emergenza della grande tradizione cattolica.

Umanesimo ateistico e violenza verso il cristianesimo, ma la Chiesa resiste, si riduce progressivamente, ma mantiene forte il senso dell’unità attorno a Pietro e al suo successore. E comunque, per quanto gravissimamente condizionata, non muore e anche con proporzioni numericamente ridotte è ancora una realtà che esiste, coagulata attorno a quella grande idea di un unico ordine religioso del crocifisso, che è stata la grande intuizione del protagonista del romanzo che poi finirà per essere il Papa estremo. Ecco, io credo che la Chiesa di oggi debba imparare, non tanto dalla disamina di carattere socio-culturale ma da questo vigoroso richiamo alla verità della comunione ecclesiale, alla forza della testimonianza, alla necessità di andare in missione confrontandosi con tutti i tentativi di violenza, anche quella che scoppia all’interno del Sacro Collegio, ridotto a poche unità e che riproduce, in maniera drammatica il tradimento di Giuda.

Alla fine è il grande problema lasciato aperto, mentre si tenta di arrivare a distruggere il rifugio dell’ultimo Papa e dei pochi Cardinali che si sono radunati con lui, quando la vittoria sembra già a portata di mano e anzi è quasi realizzata, scoppia qualche cosa di assolutamente escatologico, come una lotta escatologica fra il Cristo e l’anticristo. Uomini di fede come me amano pensare che alla fine di questa lotta escatologica in spe contra spem apparirà il Signore glorioso e trionfante.

Ma il cammino che ci è stato fatto percorrere da questo libro è comunque un cammino di sanità culturale, intellettuale e morale e per i cristiani può essere un aiuto a riscoprire la straordinarietà dell’esperienza della fede e della responsabilità alla missione.

da Tempi.it

Benson, folgorato sulla via di Luxor


di Mattia Ferraresi

Il cardinale John Henry Newman paragonava l’esperienza di chi, come lui, ha abbandonato la chiesa d’Inghilterra per passare al cattolicesimo alla passeggiata notturna di un personaggio delle fiabe attraverso un villaggio incantato. Al sorgere del sole improvvisamente i prodigi meravigliosi che avevano intrattenuto il viaggiatore per tutta la notte scompaiono, come liquefatti dalla luce del giorno, tanto che il protagonista si chiede se siano davvero esistiti o fossero soltanto i frutti di una grandiosa allucinazione.

Il cardinale John Henry Newman paragonava l’esperienza di chi, come lui, ha abbandonato la chiesa d’Inghilterra per passare al cattolicesimo alla passeggiata notturna di un personaggio delle fiabe attraverso un villaggio incantato. Al sorgere del sole improvvisamente i prodigi meravigliosi che avevano intrattenuto il viaggiatore per tutta la notte scompaiono, come liquefatti dalla luce del giorno, tanto che il protagonista si chiede se siano davvero esistiti o fossero soltanto i frutti di una grandiosa allucinazione. Robert Hugh Benson, pastore cresciuto nella più anglicana delle famiglie, ha sperimentato la sensazione che si accompagna alla fine di un sortilegio e l’ha immediatamente raccontata in una serie di articoli apparsi sulla rivista americana Ave Maria fra il 1906 e il 1907. Dopo accorate richieste che gli scritti fossero raccolti e pubblicati in un volume, magari arricchiti da qualche riflessione ulteriore, Benson ha acconsentito all’operazione editoriale ma non ha trovato modo di aggiungere nuovi elementi. Al sorgere del sole, il vecchio villaggio anglicano era scomparso. Trovava persino difficile ricordarne le fattezze, come certi sogni che appaiono chiari e distinti nel momento in cui ci si sveglia ma svaporano se ci si riaddormenta anche soltanto per un attimo. Riferendosi a sé in terza persona, forse per compensare “il raccapricciante egoismo” che trasuda negli articoli autobiografici, scrive: “Egli non è più in grado, come nei primi mesi dopo la sua conversione, di paragonare i due sistemi religiosi, dal momento che ciò che ha lasciato non gli appare più come un oggetto coerente. Ci sono, certamente, associazioni, ricordi ed emozioni ancora impressi nella sua mente […] e tuttavia non riesce più a vedere in questi altro che indizi, frammenti e aspirazioni distaccate dal loro centro e ricostruite in un edificio puramente umano senza fondamenta né solidità”. 

Potrebbe sembrare che il passaggio dal mondo anglicano a quello cattolico sia stato per Benson tutto sommato naturale e indolore, il sorgere del sole della fede universale su una tradizione che gli era apparsa in tutta la sua modesta portata, ma non è così. Percorrere il guado fra un credo religiosamente corretto e morto e la religione del Dio vivente non è un’impresa senza rischi.

Benson era il figlio più giovane di Edward White Benson, pastore anglicano che diventerà poi arcivescovo di Canterbury, uomo dotto la cui incrollabile fede è perfettamente impressa nella scena della sua morte: si spegne nel 1896 mentre è inginocchiato in chiesa, assorto nella meditazione. Ogni domenica Edward portava i figli a passeggio per la campagna inglese e leggeva episodi tratti dall’Acta Martyrum. Soltanto molti anni dopo Robert scoprirà che il padre traduceva all’impronta dall’originale latino, in un inglese perfettamente oliato da decenni di frequentazione dell’apparato agiografico. “La sua influenza su di me è stata talmente profonda che non posso sperare di riuscire a descriverla”, ricorda Benson. Il padre “non mi aveva mai capito molto bene”, a differenza della madre, con la quale terrà un lunghissimo e intimo carteggio, ma l’influsso della personalità paterna permea le profondità più recondite della vita della famiglia e in particolare quella del giovane Robert, che deciderà di farsi pastore anglicano nonostante le obiezioni e i dubbi sulla fede che ciclicamente affioreranno negli anni della formazione, quando “l’unico mio vero amico era un ateo dichiarato”.

Quando chiede al padre se la formula del Credo sull’unica “santa chiesa” comprenda anche i cattolici, rimane insoddisfatto della risposta. Alla chiesa di Roma, però, non accede tramite un pertugio teologico. Newman aveva lasciato la chiesa d’Inghilterra dopo una lunga riflessione sul rapporto fra la dottrina anglicana e il Concilio di Trento, passaggio che l’aveva portato “ex umbris et imaginibus in veritatem”; Benson coglie l’universalità del credo cattolico in una piccola chiesa egiziana. Poco dopo la morte del padre, il medico gli ordina di passare l’estate nel clima caldo dell’Egitto, essenziale per dare sollievo a uno stato di salute che sarà precario fino al giorno della sua morte, causata da un infarto a 43 anni. Sulla via per Luxor visita le cattedrali di Parigi, incontra la sensibilità orientale di Venezia, s’immerge nelle bellezze fiorentine, nei fasti del cattolicesimo romano, respira la fede barocca e ancestrale dell’Italia meridionale; ma niente scuote il suo animo come quella chiesa copta di nessun conto mimetizzata fra le case di fango di un villaggio qualsiasi. Ci era entrato quasi senza volerlo: “Ora sono certo che è stato lì che per la prima volta qualcosa di simile a un’esplicita fede cattolica si è fatto largo dentro di me. Quella chiesa era chiaramente parte della vita del villaggio, era alta come le case arabe, era aperta, ed era esattamente come tutte le altre chiese cattoliche, a eccezione degli ovvi limiti artistici. Lì mi è sembrato seriamente concepibile l’idea che Roma avesse ragione e noi torto”. L’incrocio fra universalismo, periferia, identità e tradizione porta dritti all’omelia di Papa Francesco del 18 novembre, la requisitoria a sfondo maccabeo del progressismo adolescenziale, con potente condanna del “pensiero unico” che discende dalle lusinghe della mondanità e tonanti richiami identitari. Quella che ha fatto vacillare chi credeva di stare in piedi snocciolando le contraddizioni del Papa dialogante e spogliato della regalità che deriva dalla custodia della dottrina. Nel quotidiano esercizio omiletico di Santa Marta, Francesco ha fatto riferimento al romanzo “Il Padrone del mondo”, il testo di gran lunga più noto dell’apologeta inglese. Benson, ha detto Bergoglio, ha spiegato con potenza narrativa la battaglia fra lo spirito del mondo e la chiesa, e “quasi come fosse una profezia, immagina cosa accadrà. Quest’uomo, si chiamava Benson, si convertì poi al cattolicesimo e ha fatto tanto bene. Ha visto proprio quello spirito della mondanità che ci porta all’apostasia”.

“Il Padrone del mondo” è stato consegnato alla storia come romanzo “distopico”, ma sarebbe più corretto definirlo romanzo “parabolico”, nel senso che usa la forma della parabola, quindi dell’analogia, non si spinge nell’ambito della divinazione del futuro prossimo che verrà. Sta di fatto che il padrone del mondo è la storia di un conflitto esistenziale, moderno e contemporaneamente escatologico, fra la visione cristiana del mondo e un surrogato postcristiano fatto di umanitarismo, massoneria, ideali puri che sono il preludio di un inferno sulla terra. E la via che porta al regno di Satana e a un anticristo che sembra appena uscito dal Consiglio di sicurezza dell’Onu è, come al solito, lastricata di buoni propositi.

Ad aumentare la potenza dello scenario dipinto da Benson c’è la componente profetica, naturalmente, e letto a decenni di distanza il romanzo appare come una rappresentazione fedele, almeno concettualmente, con quello che poi è successo. Quando lo ha scritto, nel 1907, non c’erano ancora state guerre mondiali, genocidi nel mezzo dell’Europa né rivoluzioni bolsceviche. Lo spirito del mondo lavorava su più fronti per congegnare alternative dal volto umano all’oppiaceo della religiosità e Benson è stato perspicace nel cogliere i segni dei tempi e riversarli – amplificati – nelle sagome apocalittiche dei suoi personaggi, a partire da Giuliano Felsemburgh, grandioso leader anticristico – il nome evoca Giuliano l’apostata – a metà fra Barack Obama e un banchiere svizzero in partenza per una riunione del Bilderberg. La chiesa del padrone del mondo è un corpo mistico assediato, minoritario e tuttavia pugnace, sostenuto dallo Spirito e armato della spada della verità. Ridotta all’irrilevanza dal mondo, la chiesa combatte per la sua stessa vita senza concessioni e ricatti, sapendo che “dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”. In questa parabola si potrebbe leggere una rappresentazione assai muscolare della lotta fra chiesa e mondo, un conflitto di trincea culturale ed escatologico fra identità incompossibili, lanciate come frecce verso niente meno che l’Apocalisse.

Si potrebbe essere tentati di mettere Benson nella schiera degli opliti della fede, un katechon che tiene chiuse le porte dell’inferno modernista e non tollera compromessi sulla strada della riabilitazione del regno divino. Uno che si sarebbe trovato più a suo agio nella cappella palatina di Aquisgrana che in una chiesa di fango alla periferia del Cairo. Il fraintendimento, in effetti, non si è fatto attendere. Per rettificare in qualche modo Benson ha scritto, pochi anni dopo la pubblicazione del “Padrone del mondo”, una seconda parabola, intitolata “L’alba di tutto”, controprofezia in cui la chiesa vince la battaglia contro lo spirito del mondo. Invece del massone-umanitario Felsemburgh è il Papa a guidare il consesso di nazioni i cui sovrani, uno a uno, si convertono al cristianesimo, modellando le società che governano alla dottrina cristiana. L’Europa trova la via virtuosa per coniugare la mentalità medievale con la prosperità moderna, cosa che affascina – ma senza soddisfare del tutto – il protagonista del romanzo, un prete che si risveglia dopo un lungo periodo di coma.

“In un libro precedente chiamato ‘Il Padrone del mondo’ – scrive Benson – ho tentato di tracciare la proiezione di quello che, pensavo, ci si potrebbe ragionevolmente aspettare fra cent’anni, se le attuali linee del cosiddetto ‘pensiero moderno’ fossero semplicemente prolungate nel tempo. Mi hanno detto ripetutamente che l’effetto del libro è stato quello di deprimere e scoraggiare in misura eccessiva i cristiani ottimisti. In questo libro cercherò, sempre in forma di parabola, non certo di ritirare ciò che ho affermato nel precedente, ma di seguire le linee opposte di pensiero per tracciare lo sviluppo che, penso, ci si potrebbe ragionevolmente aspettare se il processo opposto iniziasse, e l’antico pensiero si affermasse. Talvolta sentiamo dire dai moralisti che viviamo in tempi critici, espressione con la quale intendono dire che non sono certi se la loro parte vincerà o meno. In tal senso, nessun tempo può essere critico per i cattolici, perché i cattolici non possono avere alcun tipo di dubbio sulle possibilità di vittoria della loro parte. Ma da un altro punto di vista, tutti i periodi sono critici, perché ogni tempo contiene in sé il conflitto fra due forze irriconciliabili”.

I due lati della parabola di Benson non possono essere dunque completamente disgiunti, pena il fraintendimento del significato dei “tempi critici” per la chiesa e il cattolicesimo, circostanza quanto mai attuale. Benson è stato romanziere e apologeta indefesso, ma anche spirito aperto all’incontro con il mondo, forte della natura vitale di un cristianesimo in cui categorie come “cuore” e “incontro” – che aprono l’esortazione apostolica di Francesco, “Evangelii Gaudium” – ricorrono con più frequenza di quanta i suoi ammiratori contemporanei amino ricordare.

Un episodio della sua giovinezza, prima della conversione, illustra sinteticamente la sua sensibilità cristiana. Durante una gita invernale sul Piz Palù, in Engadina, il giovane Benson ha un collasso. I compagni cercano invano di rianimarlo, e sono costretti a trasportarlo per ore prima di riuscire a trovare riparo in mezzo alla tormenta. Durante il trasbordo Benson riacquista coscienza, rendendosi in qualche modo conto della gravità della situazione, ma nessun atto di contrizione, nessuna richiesta di perdono né desiderio di riconciliazione arrivano al suo cuore malandato. Gli insegnamenti, le virtù, la dottrina, il timor di Dio instillato in una rigorosa educazione cristiana non sono sufficienti ad animare l’intenzione del ragazzo che i suoi compagni credono ormai morto. “La mia religione – scrive – così com’era allora, era talmente impersonale e senza vita che, per quanto non abbia mai dubitato dell’oggettiva verità di ciò che mi era stato insegnato, non ho mai amato né temuto Dio. Non sentivo nessuna responsabilità verso di Lui, né mi scuoteva la prospettiva di incontrarLo. Mi ero passivamente accontentato di credere che Lui fosse presente, ma non mi nascondevo da Lui con timore e non aspiravo a Lui con affetto”.

La conversione per Benson ha la forma di un ritorno alla vita dopo un lunga inibizione affettiva verso l’oggetto riconosciuto e ammirato soltanto tramite la pura ragione. E’ stato un cattolico multiforme e tridimensionale, Benson, irriducibile alla dialettica fra tradizione e modernità. I suoi “Paradossi del Cattolicesimo” sembrano scritti apposta per trarre una sintesi dalla dialettica odierna interna alla chiesa. Ne “I Negromanti” ha fissato in forma narrativa le sue considerazioni sull’occultismo e la magia nera che aveva tratto dalle corrispondenze con amici devoti del lato oscuro, alcuni associati al leggendario Aleister Crowley. E’ stato autore di racconti dell’orrore e romanzi storici sullo scisma anglicano. Ha intrattenuto per anni una relazione di amicizia e una fittissima corrispondenza – un biografo definirà il rapporto “casto ma appassionato” – con l’eccentrico Frederick Rolfe, il “Baron Corvo” che nei salotti letterari più quotati dell’epoca faceva vanto della propria omosessualità. Le lettere sono poi state in gran parte distrutte dal fratello.

Negli anni brevi e febbrili della predicazione in Inghilterra, dopo l’ordinazione nella basilica di San Silvestro a Roma, ha incontrato un altro grande convertito, Cyril Martindale, il gesuita che troverà il registro e il linguaggio per raccontare le vite dei santi ai suoi contemporanei. E’ lui a scrivere la prima biografia di monsignor Benson, a soli due anni dalla morte. Dice che si tratta di una “biografia psicologica”, ché sarebbe impossibile rinchiudere la vita di un uomo del genere nei termini di una piatta cronologia. Non è strano che la mente del gesuita sia stata conquistata, anzi travolta, nel giro di pochi anni da Benson. Entrambi erano partecipi di una medesima sensibilità cristiana. Martindale si era convertito alla chiesa di Roma a quattordici anni. Una volta arruolato nella Compagnia di Gesù era stato mandato a Oxford, dove, secondo i piani, sarebbe iniziata la sua carriera di teologo. Ha abbandonato la prospettiva accademica quando a Oxford è arrivato un gruppo di soldati australiani feriti al fronte, e nell’assistenza ai malati ha trovato il fondo ancora inesplorato della sua vocazione. Di lui scrive Bernard Basset: “Era interamente assorbito dai bisogni del presente, sopra tutti quello di portare il messaggio dell’incarnazione a un mondo sofferente. Egalitario, altruista, inquieto, la sua mente è rimasta per sempre un insieme di variazioni su questo tema”. La chiesa di Martindale, il più vicino fra i sodali spirituali di Benson, quello a cui la madre aveva chiesto di raccogliere i materiali per una biografia, era un ospedale da campo.

da Il Foglio

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