Domenica di Pasqua Veglia pasquale

 In questa santa notte di Pasqua la Chiesa ci fa rivivere la gioia battesimale di figli nel Figlio offrendoci un cibo abbondante dalla Sacra Scrittura e soprattutto dall'Eucaristia pasquale
di Mons. Gino Oliosi
Tutta una  serie di letture – a partire dal racconto della creazione fino a una splendida profezia di Ezechiele – scandisce il tempo di questa veglia pasquale. Come epistola ci viene proposto un brano della Lettera ai Romani sul battesimo, che è partecipazione al mistero pasquale di Cristo
facendoci figli del Padre nel Figlio per opera dello Spirito Santo. Il Vangelo è il racconto della risurrezione di Cristo per ravvivare la certezza di un al di là anche del corpo.
Il brano del Vangelo ci riferisce la scoperta del sepolcro vuoto che insieme alle apparizioni fonda la nostra fede: "Il primo giorno dopo il sabato (cioè, il giorno che noi chiamiamo "domenica"), di buon mattino, le donne si recarono alla tomba, portando con sé gli aromi che avevano preparato".
Invece di trovare il sepolcro nello stato che se lo aspettavano, le donne si accorgono che la pietra è stata rotolata via e che non c'è più il corpo del Signore Gesù.
Ma due uomini – nei quali noi riconosciamo due angeli, perché sono in vesti sfolgoranti – appaiono e dicono:" Perché cercate tra i morti colui che è vivo?".
Questa frase deve imprimersi nelle nostre menti e nei nostri cuori, perché è tutto un programma di vita veramente vita superando la paura di morire nel corpo. Il Vivente per eccellenza è risorto. Cristo risorto è il Vivente che fa vivere oltre la morte anche con il nostro corpo trasfigurato; la morte non ha più nessun potere su di lui.
Tante volte noi memorizziamo Gesù del passato. Troppo spesso non ravviviamo la percezione viva della vita di Cristo risorto, e allora lo pensiamo tra le realtà del passato, che non hanno un influsso diretto sulla nostra vita presente. Quanto è importante ravvivare la coscienza di fede che Gesù è risorto, è il Vivente, la Chiesa il suo corpo cioè il Cristo, e che tutta la nostra vita ha senso orientata verso di Lui, sorgente di vita veramente vita anche nell'al di là del corpo.
Gli angeli ricordano alle donne che Gesù aveva predetto la risurrezione, pur difficilmente comprensibile prima che sia avvenuta. In realtà, nei Vangeli le predizioni che Gesù fa della sua risurrezione non sono poi così chiare come noi le ascoltiamo nel testo italiano. Siccome la risurrezione non era ancora avvenuta, si alludeva ad essa con verbi ordinari; non c'era un verbo specifico per indicarla. Venivano usati soprattutto due verbi: "svegliarsi" e "alzarsi". Così Gesù diceva: "Il Figlio dell'uomo […] si sveglierà (o si alzerà) il terzo giorno".
Quindi, né gli apostoli né le donne riuscivano ad afferrare il senso delle parole di Gesù, quando egli diceva: "Il Figlio dell'uomo deve molto soffrire, ed essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, poi venire ucciso e, dopo tre giorni, alzarsi" (Mc 8,31).
Ma ora è chiaro che cosa significa questo "alzarsi", "svegliarsi": significa la risurrezione. Questa non è un semplice ritorno alla vita ordinaria come Lazzaro, non è una rianimazione; è invece la più grande "mutazione" mai accaduta, il "salto" decisivo verso una dimensione di vita profondamente nuova, l'ingresso in un ordine decisamente diverso, che riguarda Gesù di Nazareth, ma con Lui anche noi, tutta la famiglia umana, la storia e l'intero universo.
La risurrezione è un mistero profondo della nostra salvezza, che trova nella risurrezione del Verbo incarnato il suo compimento e insieme l'anticipazione e il pegno della nostra speranza personale e storica.
Le donne si ricordano delle parole di Gesù, e capiscono.
Ma quando recano agli apostoli l'annuncio che Gesù è risorto, questo annuncio sembra ad essi un vaneggiamento, una cosa irreale, impossibile. Essi non hanno capito le predizioni di Gesù, perché ritengono impossibile la risurrezione, non ne hanno un'idea giusta.
Pietro corre al sepolcro e, chinatosi, vede soltanto i teli della sepoltura, ma non capisce. Torna a casa pieno di stupore per l'accaduto.
Anche noi dobbiamo essere pieni di stupore – non nel senso dello stupore di Pietro, ma in senso molto positivo -, perché realmente la risurrezione di Gesù è un'esplosione di luce, un'esposizione dell'amore misericordioso che scioglie le catene del peccato e della morte. Essa ha inaugurato una nuova dimensione di questa vita e della realtà storica, dalla quale emerge un mondo nuovo, che penetra continuamente nel nostro mondo, lo trasforma e lo attira a sé e quindi l'evento più importante di tutta la storia umana.
Gesù Cristo risorge dai morti perché tutto il suo essere è perfetta e intima unione con Dio, che è la verità cioè l'amore davvero più forte della morte. Egli era una cosa sola con la Vita indistruttibile e pertanto poteva donare la propria vita lasciandosi uccidere, ma non poteva soccombere definitivamente alla morte: in concreto nell'Ultima Cena egli ha anticipato e accettato per amore la propria morte in croce, trasformandola così nel dono di sé, quel dono che ci dà la vita, ci libera e ci salva: è la Verità che libera dalla schiavitù dell'ignoranza di non sapere da dove veniamo e qual è la meta dell'anima e del corpo!
Nell'epistola Paolo ci spiega che questa pienezza ci viene comunicata per mezzo del battesimo, che è realmente morte e risurrezione, rinascita, trasformazione in una vita nuova: "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me", san Paolo nella Lettera ai Galati (2,20). E' stata cambiata la mia identità essenziale e io continuo ad esistere soltanto in questo cambiamento. Il mio proprio io mi viene tolto e viene inserito in un nuovo soggetto più grande, nel quale il mio c'è di nuovo, ma trasformato, purificato, "aperto" mediante l'inserimento nell'altro, nel quale acquista il suo nuovo spazio di esistenza. Diventiamo così "uno in Cristo" (Gal 3,28), un unico soggetto nuovo, e il nostro io viene liberato dal suo isolamento, oggi dall'egemonia del liberismo di erigere la libertà individuale a valore fondamentale al quale tutti gli altri dovrebbero sottostare, escludendo Dio dalla cultura e dalla vita pubblica, riconducendo l'etica entro in confini nel relativismo e dell'utilitarismo, con l'esclusione di ogni principio morale che sia valido e vincolante per se stesso. "Io, ma non più io": è questa la formula del personalismo cristiano fondato sul Battesimo, la formula della risurrezione dentro il tempo, la formula della "novità" cristiana, della fede a livello di dottrina sociale chiamata a trasformare il mondo. Qui, in questa notte, sta la nostra gioia pasquale, chiamati a divenire donne e uomini  nuovi, per poter essere testimoni del Risorto e in tal modo portatori di gioia e della speranza cristiana nel mondo, in concreto in quella comunità di uomini entro la quale viviamo. Maria assunta in cielo, giunta alla meta in anima e corpo, ci è segno di speranza e di consolazione.

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