Lo sviluppo della dottrina

Pubblichiamo un intervento del Cardinale Gerhard Ludwig Muller, prefetto emerito della Congregazione della dottrina della fede estratto da La Nuova Bussola Quotidiana. Parole chiare che confermano le verità di fede in questi tempi di ambiguità e confusione. Per approfondire i contenuti trattati puoi richiedere le nostre pubblicazioni ai link indicati. Partecipa anche tu al nostro apostolato per la Buona Stampa.

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Parlare di uno sviluppo della dottrina non significa certamente interpretare storicamente il Cristianesimo nei termini dell’idealismo tedesco, dello storicismo e del modernismo. I sostenitori di queste correnti considerano Dio, o l’Assoluto, come un “trascendentale a priori”, ossia come la necessaria condizione soggettiva della nostra ragione e della nostra esperienza, che precede perciò la nostra esperienza e non può essere oggetto d’esperienza. Nella misura in cui l’Assoluto è la condizione del nostro pensiero e del nostro linguaggio, esso non può essere espresso con parole e concetti. Conformemente a questo approccio, allora, tutti i dogmi della fede cattolica sono semplicemente formule concettuali provvisorie che esprimono il sentimento religioso sempre mutevole della coscienza collettiva della Chiesa. Di conseguenza, anche quelle formule che chiamiamo dogmi dovranno essere soggette a queste vicissitudini e, pertanto, sono suscettibili di cambiamento” (Pio X, Pascendi dominici gregis). Seguendo questa teoria, le formule dottrinali hanno lo scopo di unire i fedeli all’Assoluto in un modo ineffabile, ma in se stesse non rappresentano veramente delle verità rivelate. Pertanto, noi non crederemmo veramente in Dio, ma nei fenomeni della nostra immaginazione e negli echi che essi provocano nel nostro linguaggio. Una tale idea di sviluppo contraddice la pienezza della verità presente nella persona storica di Gesù Cristo, il Verbo di Dio incarnato.


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Il problema fondamentale della filosofia moderna è la relazione tra verità e storia. Nella sua componente temporale, la storia appare come il regno del transitorio, del variabile, del contingente, laddove invece la verità è al di là del tempo, sempre valida, e fondata nel mondo delle idee divine. Di conseguenza, la verità non è mai completamente alla portata degli esseri umani finiti, i quali possono accostarsi ad essa anche molto da vicino, ma in ultimo non possono mai entrare in contatto con essa. La teologia cristiana, al contrario, non inizia con la questione di come - nelle condizioni dell’esistenza storica - sia possibile conoscere la verità. Piuttosto, essa inizia con il fatto dell’auto-rivelazione di Dio nel tempo. L’Incarnazione non è un’idea per aiutarci a capire l’importanza terrena di Gesù in termini concettuali. L’ Incarnazione è invece il fatto dell’azione divina nella storia. Riflettendo su questo, la Chiesa diventa progressivamente consapevole di tutto ciò che tale evento implica e presuppone. La comprensione della fede – l’intellectus fidei - presuppone e sviluppa l’ascolto della fede – l’auditus fidei. Gesù appare nella “pienezza dei tempi” (cf. Mc. 1, 15; Gal. 4, 4; Ef. 1, 10). Nella “pienezza dei tempi”, Dio manda suo Figlio, nato dalla Vergine Maria, nel mondo e nella storia, per compiere la sua opera di salvezza, riconciliandoci una volta per tutte con Dio e indirizzando i nostri pensieri e le nostre azioni alla verità e alla bontà di Dio (cf. Gal 4, 4).

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Per quanto riguarda la sostanza degli articoli di fede, è impossibile aggiungere o togliere qualcosa. Negli sforzi della Chiesa di combattere l’eresia e di pervenire ad una più profonda comprensione delle verità rivelate, ci può comunque essere un accrescimento negli articoli della fede. Il filioque, per esempio - cioè quella definizione di fede per cui lo Spirito procede dal Padre e dal Figlio - non aggiunge qualcosa alla fede trinitaria. Questa formulazione semplicemente esprime in modo più chiaro la verità già conosciuta, ossia che lo Spirito non è il secondo Figlio di Dio. Lo sviluppo della dottrina in questo senso fa riferimento al processo con cui la Chiesa, nella propria consapevolezza della fede, giunge ad una più profonda comprensione concettuale e intellettuale dell’auto-rivelazione di Dio. Secondo San Tommaso d’Aquino, tutti gli articoli di fede “sono impliciti in alcune prime verità di fede; tutto cioè si riduce a credere che Dio esiste e che provvede alla salvezza degli uomini” (Summa Theologiae, II-II, 1, 7).

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Lo sviluppo della dottrina è possibile perché nell’unica verità di Dio tutte le verità rivelate della fede sono collegate, e quelle che sono più implicite possono essere rese esplicite. Dopotutto, le formulazioni dottrinali non sono esse stesse l’oggetto dell’atto di fede. Piuttosto, la fede del credente fa riferimento all’autentica realtà di Dio e alla verità di Dio in Cristo. Come dice San Tommaso: “l’atto del credente non si ferma all’enunciato, ma va alla realtà” (Summa Theologiae, II-II, 1, 2 ad 2). Contrariamente alle affermazioni del modernismo, comunque, le formule della fede si riferiscono davvero alla conoscenza di Dio. Esse non sono solamente delle espressioni occasionali della nostra soggettiva coscienza di Dio.

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La ragione più profonda della identità della Rivelazione nella sua continuità ecclesiale è contenuta nell’unione ipostatica, cioè nell’unità della natura umana e della natura divina nell’unica persona divina di Gesù Cristo. Le molte parole che egli ha pronunciato, rivelandoci il progetto di Dio mediante il linguaggio umano (cf. Gv 3, 34; 6, 68), sono unificate nell’ipostasi o persona dell’unica Parola che è Dio e che è divenuta carne (cf. Gv. 1,1; 14). La Parola di Dio giunge a noi mediante la predicazione di uomini (cf. 1 Ts. 2, 13); essa è resa presente per mezzo di parole umane, con la loro grammatica e il loro vocabolario. Perciò è possibile e necessario crescere individualmente e comunitariamente nella nostra comprensione della rivelazione, che ci è stata data una volta per tutte in Cristo. È chiaro allora che la teologia cattolica ha sempre riconosciuto il fatto e la necessità dello sviluppo del dogma. Fa parte dell’essenza del Cristianesimo come religione del Verbo incarnato - la religione dell’auto-rivelazione di Dio nella storia - affermare l’identità della dottrina della fede lungo un continuo processo mediante il quale la Chiesa perviene ad una comprensione concettuale dei misteri della fede sempre più differenziata. Questo principio è intrinseco alla stessa rivelazione. Come afferma il Cardinal Newman: “L’applicazione dall’inizio alla fine di questo principio dello sviluppo nelle verità della Rivelazione, è un argomento in favore dell’identità del Cristianesimo romano e primitivo”.

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