Domenica XXVIII

È la fede, ridonando l'amore, che salva l'uomo, ristabilendolo nella verità del suo ed altrui essere dono del Donatore divino, come di tutto il mondo che lo circonda 
di Mons. Gino Oliosi
Il Vangelo di questa domenica presenta Gesù che guarisce dieci lebbrosi, dei quali solo uno, samaritano e dunque straniero cioè non appartenente al popolo di Dio, non ebreo, torna a ringraziarlo (Lc 17, 11.19). Al samaritano riconoscente il Signore dice: "Alzati e va'; la tua fede ti ha salvato!" (Lc 17,19). Solo questo samaritano ascolta dalla
bocca di Gesù questa frase molto importante. Questa pagina evangelica ci invita ad una duplice riflessione. Innanzitutto fa pensare a due gradi di guarigione: uno, più superficiale, riguarda il corpo; l'altro, più profondo, tocca l'intimo, l'anima della persona, quello che la Bibbia chiama il "cuore", e da lì si irradia a tutta l'esistenza. La guarigione completa e radicale è la "salvezza" cioè giungere alla relazione personale con Dio che è amore, vita eterna. Lo stesso linguaggio comune, distinguendo tra "salute" e "salvezza" dalla morte terrena, ci aiuta a capire che la salvezza è ben più della salute: è infatti una vita, piena, definitiva nell'anima e nel corpo. Inoltre, qui Gesù, come in altre circostanze, pronuncia l'espressione: "La tua fede ti ha salvato". È la fede in Dio che ha assunto un volto umano che salva ogni uomo, ristabilendolo nella sua relazione, nel suo e altrui essere dono del Donatore divino; e la fede si esprime nella gratitudine, nell'amore riconoscente che ha un valore salvifico. Nella Messa o Eucaristia, rendimento di grazie almeno di ogni domenica si dice nel Prefazio: "È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie …". Chi, come il samaritano sanato fisicamente, sa ringraziare, dimostra di non considerare, come gli altri nove, tutto come dovuto, ma nella verità come un dono che, anche quando giunge attraverso uomini o la natura, proviene ultimamente dal Donatore divino, da Dio Padre mediante il Figlio nello Spirito Santo presente e operante nel Suo Corpo che è la Chiesa.
Gesù guarisce i dieci ammalati di lebbra, infermità allora considerata una "impurità contagiosa" che esigeva una purificazione rituale (Lv 14,1-37). In verità, la lebbra che realmente deturpa l'uomo e la società è il peccato, il non accettarsi nel proprio e altrui essere, nel mondo, nella storia, come dono del Donatore divino; sono l'orgoglio di un ateismo liquido e quindi l'egoismo che generano nell'animo umano indifferenza, odio e violenza. Questa lebbra dello spirito, che sfigura il volto dell'umanità, nessuno può guarirla se non Dio che nel Figlio, per opera dello Spirito Santo, ha assunto un volto umano, che è amore cioè non solo vita terrena, ma anche per l'anima e il corpo oltre la morte. Aprendo il cuore a Dio, ogni persona che si converte, che ama viene sanata interiormente dal male perché solo l'amore è vita anche e soprattutto oltre la morte.
"Convertitevi cioè cambiate mentalità vivendo come se questa vita fosse tutto e credete al Vangelo cioè amare con l'amore di Cristo che è vita per sempre" (Mc 11%). Gesù dette inizio alla sua vita pubblica con quest'invito, che continua a risuonare nella Chiesa, tanto che anche la Vergine Santissima nelle sue apparizioni specialmente degli ultimi tempi, ha sempre rinnovato questo appello. Oggi, pensiamo in particolare a Fatima dove dal 13 maggio al 13 ottobre 1917, la Vergine apparve ai tre pastorelli: Lucia, santa Giacinta e san Francesco. Alla Madonna chiediamo per tutti i cristiani il dono di una vera conversione cioè di un cambiamento di mentalità solo terrena, autosufficiente perché sia annunciato e testimoniato con coerenza, fedeltà cioè amore il perenne messaggio evangelico della vita eterna, che indichi all'umanità la via dell'autentica pace. 

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