La crisi della Chiesa

Corrispondenza Romana ha pubblicato la traduzione italiana dell’intervista che il professor Roberto de Mattei ha rilasciato alla giornalista americana Maike su OnePeterFive

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Molti cattolici in tutto il mondo speravano che i cardinali dei Dubia pubblicassero la loro pubblica correzione a papa Francesco per la sua esortazione post-sinodale, Amoris laetitia. Cosa direbbe a quei fedeli che sono delusi e perfino scoraggiati di fronte al silenzio dei principi della Chiesa? Con quali parole vorrebbe incoraggiarli a perseverare nella loro speranza e nella loro fede?




L’attuale crisi nella Chiesa non nasce con papa Francesco e non si concentra in una sola persona, ma risale al Concilio Vaticano II e, più indietro ancora, agli anni del modernismo. Oggi larga parte del collegio cardinalizio, del corpo episcopale e, in generale, del clero, è infetto di modernismo. I pochi cardinali, vescovi e sacerdoti che resistono devono tener conto di questa situazione e il nostro compito è di aiutarli. Ma soprattutto non bisogna immaginare che un singolo atto di qualcuno di essi, per esempio la correctio fraterna al Papa annunciata dal cardinale Burke possa, da solo, risolvere la crisi. È necessaria una convergenza e una sinergia di iniziative diverse, provenienti dal clero e dai laici, ognuno al proprio livello e secondo la propria possibilità.
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Il sensus fidei suggerisce ai cardinali, vescovi, religiosi, semplici laici come reagire, L’importanza della correctio filialis sottoscritta da 250 studiosi, religiosi e laici, è stata proprio quella di esprimere questo sensus fidei. La reazione può essere diversa da paese a paese, da diocesi a diocesi, ma le sue caratteristiche sono sempre quelle della professione della verità e della denuncia degli errori che a questa verità si oppongono.



Non saranno gli uomini a salvare la Chiesa. La situazione sarà risolta da un intervento straordinario della Grazia, che però deve essere accompagnato dall’impegno militante dei cattolici fedeli. Di fronte alla crisi attuale vi sono alcuni che pensano che l’unica cosa da fare è attendere un miracolo nel silenzio e nella preghiera. Non è così. È vero che abbiamo bisogno di un intervento divino, ma la grazia presuppone la natura e ognuno di noi deve fare il massimo di ciò che può fare secondo le proprie possibilità.

La lettera del 2016 con cui papa Francesco si congratulava con le linee guida elaborate dai pastori della regione di Buenos Aires è stata pubblicata negli Acta Apostolicae Sedis, con una nota, del Segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, secondo cui è il Papa stesso che ha voluto che i due documenti – le linee guida e la lettera – fossero pubblicati negli Acta.

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Il fatto che le linee guida dei vescovi argentini e l’approvazione del Papa siano state pubblicate negli Acta, ha reso ufficiale che «non sono possibili altre interpretazioni» dell’Amoris laetitia diverse da quella dei vescovi argentini, i quali autorizzano la comunione dei divorziati-risposati, in una oggettiva situazione di peccato mortale. La lettera era privata, ma la pubblicazione negli Acta trasforma la posizione di papa Francesco in un atto di Magistero. Mi sembra che ciò confermi la tesi espressa dal padre Giovanni Scalese nel suo blog, secondo cui entriamo in una nuova fase del pontificato di papa Francesco: il passaggio dalla rivoluzione pastorale all’aperta riformulazione della dottrina. Il discorso dell’11 ottobre, in occasione del venticinquesimo anniversario della promulgazione del nuovo catechismo, sembra avviare una reinterpretazione del Catechismo della Chiesa cattolica alla luce di Evangelii gaudium e di Amoris laetitia.

In un recente saggio, alla luce di come Lutero viene ora reintegrato nella Chiesa cattolica, lei ha dichiarato: «In breve, ogni cattolico è chiamato a scegliere se schierarsi con papa Francesco e i gesuiti di oggi, o essere al fianco dei gesuiti di ieri e dei Papi di tutti i tempi. È tempo di scegliere e meditare proprio sulle due norme di Sant’Ignazio (“Esercizi spirituali”, 137) che ci aiuteranno a fare scelte in questi tempi difficili». Potrebbe spiegare ai nostri lettori queste parole, non solo alla luce della domanda su Lutero, ma anche alla luce di Amoris laetitia?

Ci sono momenti nella nostra vita e nella storia della Chiesa in cui si è obbligati a scegliere tra due campi, come sostiene sant’Agostino, senza ambiguità e compromessi. Sotto questo aspetto, la recente pubblicazione negli Acta della lettera di papa Francesco ai vescovi di Buenos Aires riconduce le posizioni a due poli frontalmente opposti. La linea di quei cardinali, vescovi e teologiche ritengono possibile interpretare Amoris laetitia in continuità con Familiaris consortio n. 84 e altri documenti del Magistero ne esce polverizzata. Amoris laetitia è un documento che discrimina i campi: va accettato o rifiutato in toto. Non c’è una terza posizione e l’inserimento della lettera di papa Francesco ai vescovi argentini ha il merito di renderlo chiaro.

C’è chi nega che la pubblicazione della lettera ai vescovi argentini sia un atto del Magistero, perché propone una posizione erronea, se non eretica…

Chi pensa questo parte, a mio parere, da un presupposto sbagliato: l’idea che il Magistero pontificio non possa mai errare. In realtà la garanzia dell’inerranza è riservata al Magistero solo a determinate condizioni, che la costituzione Pastor aeternus del Vaticano I stabilisce con chiarezza. L’esistenza di errori nei documenti non infallibili del Magistero, anche pontificio, è possibile, soprattutto nei periodi di grandi crisi. Vi può essere un atto del Magistero autentico e solenne, ma erroneo. Tale fu per esempio, a mio parere la dichiarazione conciliare Dignitatis Humanae che, al di là del suo carattere pastorale, è indubbiamente un atto magisteriale e, altrettanto certamente, contraddice, in maniera almeno indiretta e implicita, la dottrina della Chiesa sulla libertà religiosa.

Vede in arrivo uno scisma formale, e come potrebbe accadere praticamente? Chi sarebbe il fautore di questo scisma e cosa significherebbe per i semplici laici?

Lo scisma è una divisione all’interno della Chiesa, come accadde in Europa per quarant’anni, tra il 1378 e il 1417, quando sembrava che non si potesse individuare con assoluta certezza dove si trovava l’autorità della Chiesa. Quella lacerazione, nota come il “Grande scisma d’Occidente” non conobbe eresia. Generalmente però, allo scisma fa seguito l’eresia, come avvenne nell’Inghilterra di Enrico VIII. Oggi ci troviamo in una situazione inedita, in cui l’eresia, che in sé è più grave dello scisma, lo precede e non lo segue. Non c’è ancora scisma formale, ma c’è eresia nella Chiesa. Sono gli eretici che stanno promuovendo lo scisma nella Chiesa, non certo i cattolici fedeli. E i cattolici fedeli che vogliono separarsi dall’eresia non possono certo essere definiti scismatici.

Lei sembra suggerire che il Papa stia promuovendo lo scisma e l’eresia nella Chiesa. Quali sarebbero le conseguenze di questa gravissima situazione? Il Papa non perderebbe il pontificato?

Non si può riassumere in poche parole un problema così importante e complesso. Su questo punto è necessario un dibattito teologico, su cui rimando al volume di Robert J. Siscoe e John Salza, True or False Pope, agli scritti dell’abbé Jean-Michel Gleize sul Courrier de Rome e soprattutto allo studio di Arnaldo Xavier da Silveira, Ipotesi teologica di un Papa eretico, di cui ho curato nel 2016 l’edizione italiana, ed è prossima l’edizione inglese. L’autore, di cui condivido la posizione di fondo, sviluppa le tesi dei decretisti medioevali, di san Roberto Bellarmino e di teologi moderni come Pietro Ballerini, secondo cui, pur esistendo un’incompatibilità in radice tra l’eresia e la giurisdizione papale, il Papa non perde il suo incarico fino a che la sua eresia non diviene manifesta a tutta la Chiesa.

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E infine, qual è la Sua previsione e il Suo incoraggiamento per i nostri lettori, al termine del 100° anniversario delle apparizioni della Madonna di Fatima?

Lo scoraggiamento è un sentimento che il cattolico militante non può permettersi. Bisogna combattere, utilizzando le armi della logica, di cui dispone ogni fedele, e ricorrendo sempre all’aiuto invincibile della grazia. Nostro Signore ha promesso di essere con noi ogni giorno fino alla fine del mondo (Mt 28, 20). Che cosa potremmo chiedere di più?

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