Mattarella al Quirinale, per liquidare i cattolici

di Stefano Fontana
Qualche giorno fa La Nuova Bussola aveva pubblicato un articolo sulle elezioni presidenziali dal titolo: “Non un cattolico”. Invece è stato eletto proprio un cattolico, Sergio Mattarella. Abbiamo quindi perso? Certo, abbiamo perso, ma questo non significa aver sbagliato. Che un quotidiano come La Nuova Bussola chieda che al Colle non salga un cattolico è già di per sé strano e indicatore di un tempo di confusione. Che poi un Parlamento in cui i cattolici sono una sparuta e scomposta minoranza elegga proprio un cattolico è la cartina al tornasole di una anomalia ormai strutturale e fuori controllo.

Facciamo un semplice ragionamento. Stanno transitando in Parlamento molti disegni di legge che, se approvati, sconvolgerebbero in profondità – anzi capovolgerebbero – la
società italiana, cominciando dalla famiglia e arrivando poi a tutto il resto. Il disegno di legge Scalfarotto, il Cirinnà e il Fedeli - solo per attenersi ai più noti – aprirebbero alla dittatura omosessualista, ai matrimoni gay con adozioni e (domani) filiazione tramite l’eterologa, all’insegnamento gender nelle scuole obbligatorio per tutti. Distruggendo la famiglia si arriva sempre ad un regime dittatoriale. Per il semplice motivo che per negare la natura ci vuole un grande potere, che solo le dittature posseggono. Ammettiamo, quindi, che tutto questo “pacchetto” – nonostante le proteste di piazza – venga approvato: tutte quelle leggi avranno la firma del nuovo Capo dello Stato Sergio Mattarella. La firma di un Presidente cattolico. Del resto, Mattarella, “uomo delle istituzioni”, non potrà farci nulla, appunto perché “uomo delle istituzioni”. 

Copioni di questo genere ne abbiamo già visti molti. L’Italia cattolica non c’è più, ma i cattolici servono ancora perché sono loro che devono – da “adulti” – completare l’esodo del popolo italiano dall’Italia cattolica. Il modo migliore per fare questo è essere “uomini delle istituzioni”. Basta pensare che la Costituzione sia superiore al Vangelo e il gioco è fatto. 
Sergio Mattarella è “cattolico”, ma, come si sa, di cattolici oggi ne esistono di diversi generi. Quello di Mattarella è il genere della vecchia “sinistra DC” che oggi ha come una rivincita postuma. Postuma perché è morta come corrente, essendo transitata dalla DC alla Margherita e al Partito Democratico ed essendo approdati i suoi uomini residuali al Partito socialista europeo. Mattarella oggi non la rappresenta perché essa non c’è più. Però rappresenta una storia e una cultura, il cui scopo era la propria estinzione, diluendo il cattolicesimo democratico in una laicità accettata nella sua radicalità. 
Scopo del dossettismo e di tutte le correnti della sinistra cattolica era di operare per la propria estinzione avendo come scopo la perdita di ogni connotato cattolico per accettare pienamente la completa laicità della politica, nella quale tutto è mediazione. Mattarella appartiene a questa storia e a questa cultura ed è quindi significativo che egli emerga ai massimi livelli quando la sua storia e la sua cultura sono defunte, ormai diluite nel secolarismo generale. Ecco perché si tratta di una vittoria postuma.
Tutti ricordano le famose dimissioni di Mattarella e di altre tre ministri democristiani quando fu approvata la legge Mammì che regolamentava il mercato televisivo. I tre ministri la consideravano un favore alle tre televisioni di Berlusconi e, quindi, un attentato alla democrazia. È stato un raro caso di dimissioni di politici al governo. Però non risulta che Mattarella abbia fatto lo stesso, e nemmeno che abbia detto una parola, quando il Parlamento ha sfornato leggi ben più gravi dal punto di vista della morale pubblica, come per esempio la legge 40 o, più di recente, il divorzio express. Tuoni e fulmini per la legge Mammì, silenzio e tutti in riga per le leggi contro la vita e la famiglia. Per la cultura di provenienza di Mattarella prendere posizione su questi temi vorrebbe dire essere ideologici, ristabilire delle verità naturali che la moderna democrazia ha ormai superato. La democrazia come metodo ha il sopravvento sulla democrazia come contenuto. 
Non si sa quando finirà questa lunga fase nella quale viene affidato a dei nuovi Mosè il compito di esodare l’Italia fuori non solo dal cattolicesimo, da cui si è abbondantemente estraniata, ma anche dai fondamenti naturali della morale pubblica. Nel nostro articolo precedente in cui chiedevamo “non un cattolico” ci si augurava che questa fase fosse finita e che avremmo potuto avere un presidente o decisamente asservito alle logiche del laicismo aggressivo o un laico ma capace di ragionare. Nel primo caso avremmo visto con chiarezza contro chi dobbiamo combattere. Nel secondo caso avremmo approfittato di una pausa di calma ragionevole per far valere alcune verità. Purtroppo, invece, continua la melassa della confusione. Un Parlamento radicale che si nasconde dietro un Presidente cattolico; un Presidente cattolico che dirà di non essere lì in quanto cattolico ma “a servizio delle istituzioni”; un “Prodi digeribile” che garantirà il transito pacifico verso un’Italia postmoderna.

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