Il viaggiatore

Il viaggiatore, di Ulrich Alexander Boschwitz
di Giovanni Zenone
Il romanzo angosciante delle fuga precipitosa da casa di un ricco commerciante ebreo sposato con un’ariana, che vede violata e profanata la sua casa da una squadraccia di camicie brune la sera prima della "notte dei cristalli". È l’inizio della fine delle sue certezze. L’unità familiare, la solidarietà (anche fra ebrei stessi) coi parenti ariani che lui in passato aveva beneficato, il rispetto per gli accordi commerciali, professionali, umani di amicizia vengono devastati dal nuovo stato di cose si va stringendo via via la macchina statale al collo degli ebrei. La sensazione di essere diverso, di essere fuori posto, di rischiare non solo i beni ma anche la vita, cresce di continuo nel corso dei viaggi incessanti in treno, ultimo rifugio sul quale darsi un contegno da rispettabile cittadino.
I soci, gli amici e i familiari tradiscono, è la nuova situazione sociale che fa sembrare ovvio il tradimento, una necessità indiscutibile. Se un ebreo viene maltrattato, derubato, ricattato, se gli si fa pagare una cifra stratosferica un servizio da nulla… è colpa sua, perché è ebreo, e non può pretendere che le normali leggi della civiltà, dell’umanità, dello stato di diritto possano ancora valere per lui. Un passo per volta Otto Silbermann perde le sue certezze, i suoi averi.
È disposto a sacrificare quasi tutto per avere prima la libertà, poi la vita, poi nemmeno quella. Si aggrappa con la furia della ragione conculcata dalla violenza dello Stato, dalla complicità di ogni cittadino, (che si trasforma da coniglio in leone di fronte a un ebreo) alle leggi dello stato. Ma lo Stato, nella persona dei suoi funzionari, zelanti cretini al servizio dell’ideologia diabolica e inumana, lo sbeffeggia. Che pretese può avere un ebreo? Che pretese può avere chi viene considerato dallo stato e dalla nuova cultura un non-più-cittadino, un nemico della purezza culturale, sociale e razziale?
Non ha diritti, non deve offendere i super-uomini accampando diritti che gli sono stati negati, non dalla legge ma dal consenso sociale e culturale.
Un romanzo che descrive con accenti drammatici il terrore, lo stupore, l’angoscia di chi ha vissuto questo dramma prima e durante la seconda guerra mondiale
Un monito per le nuove generazioni contro per le nuove dittature del pensiero unico che stanno facendo lo stesso, Non più contro una razza o una religione (fatta eccezione per quella cattolica che ora è degna di essere perseguitata e mai difesa, alla stessa stregua che gli ebrei sotto il regime nazional-socialista), ma contro chi ancora conserva il buon senso di chiamare le cose col loro nome, di osare affermare che il bene è bene e il male è male, che le foglie sono verdi in primavera.


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