Ma perché poi proprio una donna?

di Giovanni Zenone
Gli asini in coro ragliano "Una donna in Quirinale!". Anche tanti pseudo-cattolici del dialogo, del compromesso, della svendita dei valori non negoziabili ai saldi di fine stagione si sono uniti a questo coro ragliante. Non si trova chi si ponga la semplice domanda della ragione e della tradizione: ma perché mai ci vorrebbe una donna come presidente della nostra repubblica delle banane? Perché mai, poi, fra tutte le donne proprio una lesbica rinomata e incallita? Da quando in qua l'autorità è rappresentata dalla donna? Questo  empio progetto fa parte del gran disegno rivoluzionario che vuole sovvertire l'ordine naturale con una sua
scimmiottatura invertita. Se vogliamo vedere cosa significhi lo sfacelo provocato dal femminino che si mette al posto del mascolino in campo istituzionale basta osservare la putrefazione sociale cui è giunta l'Inghilterra e gli stati del nord Europa che hanno regine al posto dei re, donne al governo al posto degli uomini.
Che di uomini con le palle sia difficile trovarne, capaci cioè di vero governo, con polso saldo, è verissimo, ed è parte della crisi del maschio e del padre in cui languisce la nostra epoca. Ma ciò non significa che si debba proporre come soluzione un'inversione in senso lesbico-femminista. L'uomo deve tornare ad essere uomo e la donna ad essere donna, ciascuno con le sue prerogative e competenze. Finiamola con queste idiozie sovversive delle quote rosa e diamoci, se proprio si vuole insistere nell'esperimento fallito della democrazia, un presidente che sia uomo di governo, un vero duca, che guidi l'Italia fuori dal guado democratico e della crisi, dovuta in buona parte proprio alla logica democratica di accontentare tutti per conservare la poltrona.

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