I modernisti scoprono le carte. Vito Mancuso indica come dovrebbe essere il nuovo Papa

di Giovanni Cavalcoli
In questi giorni nei quali i Cardinali si sono radunati per eleggere il nuovo Papa, i modernisti, in un loro esimio rappresentate quale il famoso eretico Vito Mancuso, già confutato da interventi di importanti teologi, ma a quanto pare sordo di orecchi, si fanno vivi su Repubblica[1] del 9 marzo scorso, uno dei quotidiani che maggiormente esprimono l’imperante cultura liberal-massonica legata al prepotere politico-finanziario, per avvertire con la loro solita arroganza e
sicumera come dovrà essere il nuovo Papa, se la Chiesa non vuol “risultare sempre meno interessante per il mondo contemporaneo” e vuol raccogliere “quei cattolici che non vogliono tradire il proprio tempo”. Infatti, sentenzia Mancuso, “è solo stando al passo con il mondo che si sta al passo con Dio”. Come se tutta la preoccupazione della Chiesa fosse di piacere al mondo e non a Cristo. Mancuso dimentica che si può benissimo piacere al mondo e non a Dio. Dio non si identifica col mondo.


Non potevamo avere in queste poche espressioni di Mancuso una sintesi più chiara e più perfetta del progetto modernistico di Chiesa e di cristianesimo - ritornello trito e ritrito -, che i modernisti stanno portando avanti con incredibile ostinazione, grande dispiego di mezzi mediatici, politici e finanziari e raffinata capacità di far presa, nel mondo cattolico, sui soggetti influenzabili, sugli ingenui, sui dubbiosi, sui furbi, sugli ambiziosi e sugli ipocriti.

Il Mancuso quindi non ci dice sostanzialmente niente di nuovo, ma quel che dice è così stantio, che nasce in noi l’impressione che lo stesso Mancuso in fondo non crede nemmeno lui a quello che dice, ma lo fa perché ormai “preso, come si suol dire, dal giro”, indubbiamente lautamente foraggiato dall’enorme successo dei suoi libri scandalosi e corruttori.

Non è quindi escluso che la sua coscienza di cattolico non si sia del tutto assopita, ma adesso come adesso, salvo una coraggiosa resipiscenza che speriamo e per la quale preghiamo, egli sembra non essere in grado di liberarsi dall’ambiente al quale, forse per imprudenza o forse per inavvertenza, si è legato e che ormai lo condiziona pesantemente.

Infatti è ormai noto come dietro al cattolicesimo modernista, ovviamente non privo di valori e a volte assai raffinato e seducente - si pensi per esempio alla linea dei seguaci di Küng, di Rahner, di Schillebeeckx, di Boff, di Gutierrez, di Teilhard de Chardin, di Kasper, di Bianchi, di Lehmann, di Zollitsch, di Forte, di Ravasi e di Martini -, si nasconde una serie di forze che non fanno capo alla limpida sorgente della verità cattolica, rappresentata dalla dogmatica tradizionale del Magistero della Chiesa sino al Concilio Vaticano II ed oltre, espressione infallibile della Parola di Dio, ma le torbide ed avvelenate acque delle tendenze più pericolose della modernità, abilmente mascherate sotto vari e speciosi pretesti, che vanno dalla promozione della giustizia e della pace, a quella del progresso, della libertà, del pluralismo e della solidarietà umana, contro ogni dittatura e “potere che cade dall’alto”.

In fondo si tratta della mitologia della Rivoluzione Francese, certo non priva, come osserva il Maritain, di richiami evangelici, ma sostanzialmente radicata nell’antropocentrismo di origine rinascimentale e totalmente priva di quel riferimento soprannaturale divinamente rivelato che per un cattolico è ragione di vita e garanzia di vera salvezza dell’uomo.

In Mancuso, come è noto, il tutto è condito con una forte dose di materialismo evoluzionista alla Teilhard de Chardin, assai gradito ai marxisti e ai comunisti e che ben si aggancia con la cosiddetta “Chiesa dal basso” della non spenta “teologia della liberazione” di origine sudamericana.

Mancuso quindi rappresenta l’ala secolarista tendenzialmente atea del modernismo, di carattere popolare e sovversivo, che, come sappiamo, si affianca all’altra ala più intellettuale e legata agli ambienti della cultura e della gerarchia cattolica, la quale affetta una forma di spiritualismo raffinato che in fondo non è che riesumazione della tradizione gnostico-idealistica tedesca.

Ecco allora riapparire in Mancuso la vecchia concezione evoluzionista-modernista della verità, spregiatrice dei valori immutabili ed assoluti - Mancuso ironizza contro i valori “non-negoziabili” dei quali parla Benedetto XVI -, concezione che pertanto, al di là della sfrontatezza con la quale la si vorrebbe dire “cattolica”, in realtà taglia alla radice non solo gli insegnamenti della divina Rivelazione, ma gli stessi princìpi naturali ed universali dell’umana ragione, la quale in tal modo si dissolve nell’insipienza e nella barbarie nemica di ogni civiltà e rettitudine morali della persona e della società.

Mancuso affetta di condannare nella Chiesa la corruzione, l’ingiustizia, il conflittualità, lo scandalo; proclama di volere il progresso e di respingere il vecchiume superato dalla storia. Ma poi quale soluzione propone? Questa:

“L’unica soluzione sta nel comprendere che il principio che può dare direzione, governo e senso, trattenendo dal precipitare nel nichilismo interiore e nell’anarchia sociale, è la fede nella logica relazionale, nell’armonia, nella ricerca del bene, della giustizia, della pace, non in quanto conosciuti una volta per sempre secondo la logica verticistica dei “principi non negoziabili” cara a Benedetto XVI, ma quali volta per volta è possibile realizzare nella situazione concreta alle prese con il chiaroscuro della vita di cui parlava il cardinal Martini”.

Non una parola sull’aspetto soprannaturale della Chiesa e della Gerarchia Cattolica sino al Ministero petrino, ma quell’impostazione tipicamente razionalistico-secolaristico-massonica, per la quale tutto lo sforzo è quello di sopprimere appunto questo aspetto soprannaturale della Chiesa per ridurla ad una associazione semplicemente umana, sul modello di Amnesty International oppure uno degli organismi internazionali dell’ONU.

Mancuso inoltre da buon modernista non vuol saperne di Tradizione, senza rendersi conto che il vero progresso, per non essere cambiamento caotico, traditore e distruttivo, non è che conferma ed esplicitazione di quanto è contenuto nella Tradizione. Con incredibile ed insensata audacia - lui, il sedicente uomo del dialogo - vorrebbe vedere cacciati dalla Chiesa tutti i fedeli alla Tradizione (se la prende tra l’altro con gli insegnamenti dei Papa dell’800), convinto com’è che i modernisti sono la vera Chiesa del futuro ed a loro spetta la guida della Chiesa.

Se il nuovo Papa dovesse dar retta alle proposte di Mancuso e compagni, i mali della Chiesa che soffriamo da cinquant’anni per colpa dei modernisti, ben lungi dal diminuire, si aggraverebbero: continuerebbe la debolezza del papato, ci sarebbero ancora cardinali indisciplinati ed imprudenti, l’episcopato continuerebbe a dormire, aumenterebbero la disobbedienza al Magistero, il disprezzo per la Tradizione, l’interpretazione protestante della Bibbia, l’ecumenismo selvaggio, l’indifferentismo religioso, il dialogo scriteriato, il relativismo dottrinale e morale, il calo delle vocazioni, l’aumento delle defezioni, gli scandali, inoltre si esaurirebbe la spinta missionaria e cesserebbero le conversioni al cattolicesimo.

È vero peraltro che i modernisti stessi da decenni con zelo infaticabile degno di miglior causa stanno portando avanti questo disegno diabolico, che certo oggi come oggi ha portato frutti, essendo essi riusciti ad infiltrarsi persino nell’episcopato e nel collegio cardinalizio. I modernisti pertanto, dopo tanta diuturna fatica nel dare la scalata al potere, oggi si sentono ormai vicini alla conquista del Papato, essendo riusciti a far dare le dimissioni a quel sant’uomo, a loro non gradito, di Benedetto XVI.

Ma il sommo dell’ipocrisia di Mancuso, espressione anche qui del più genuino modernismo, è l’affettato disprezzo per l’attaccamento al potere e per il gusto del comandare, quando sono proprio i modernisti che oggi in molti posti di comando da essi conquistati, danno prova di una scandalosa prepotenza che difende gli eretici e condanna gli ortodossi,

“Ogni potere, ci dice S.Giacomo, scende dall’alto”. Che cosa dunque ci viene a raccontare Mancuso? E se ciò vale per la società civile, perché ogni autorità deriva da Dio, ciò vale ancora più per la Chiesa, fondata e guidata dal Figlio di Dio. Sono ben note infatti le parole di Cristo agli Apostoli: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi”: la Chiesa è costruita dall’alto, non dal basso.

Dunque la polemica di Mancuso contro l’aspetto gerarchico della Chiesa è pura menzogna e puro inganno, del resto sempre di nuovo diffuso da tutti gli eretici che si fingono agnellini e quando raggiungono il potere imperversano su tutti i fronti.

Lo so, cari modernisti, dopo tanti anni di scalata, sperate ora di avere il Papato, ma siete dei perfetti illusi, perché con la vostra mentalità mondana e secolaresca voi credete che avere un Papa o diventare Papa sia cosa che si ottiene solo con le vostre manovre e i vostri complotti. Ma il Papa nella Chiesa non è quello che voi pensate: è sì un peccatore come tutti noi, ma è da Cristo dotato di una forza invincibile che smaschererà tutte le vostre mene e, se non vi convertite, vi farà vergognare davanti alla storia ed all’eternità.

[1] L’intervento di Repubblica si può affiancare a quello, altrettanto recente de Il Corriere della Sera, altro quotidiano di impostazione massonica, che ha ospitato un delirante articolo di Emanuele Severino, il quale, manifestando il volto più truce della massoneria, interpreta le dimissioni del Papa come segno dell’approssimarsi della dissoluzione del cristianesimo, vinto dalle idee ateo-panteiste dello stesso Severino, le quali inaugureranno per l’uomo un’era di libertà dalla tirannide della religione.

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