Il Sacerdote e il compromesso

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"Nessun uomo può servire due padroni. Ciò malgrado, il Sacerdote tenta a volte di conciliare alla meno peggio il Simone e il Pietro che sono il lui. Ma questa soluzione al Cristo non va. Nel suo Sacerdote non vi è posto per calcoli del più e del meno. Nostro Signore esige un amore smisurato, ma talvolta la nostra natura esige il compromesso. Era questo spirito che il Signore aveva in mente quando esortò i suoi seguaci a non sentirsi paghi di avere fatto semplicemente quel che erano tenuti a fare. [...] Fintanto che
noi pensiamo al Signore come a un 'Maestro', ci pare che ciò che facciamo sia sufficiente e che basti calare una sola rete anche quando Egli parla di reti al plurale, ma nel momento in cui lo Spirito Santo ci fa consapevoli del dominio di Dio, ci fa comprendere per mezzo suo di essere i Suoi sacerdoti, allora scende su di noi la terrificante coscienza del peccato. Quanto più riconosciamo la santità del Sommo Sacerdote, tanto più ci rendiamo conto dei nostri errori. La condizione del successo di tutto il nostro sacerdozio non sta in noi come operai, né nelle nostre scuole e nei nostri circoli. Prima l'operaio aveva fallito, poi la rete quasi si rompeva. La nostra sufficienza ci viene da Dio. La ragione del nostro insuccesso va piuttosto ricercata nel nostro guardare a Lui soltanto come al Maestro e non come al Signore, o anche nel fatto che la nostra obbedienza alla Sua volontà è tutt'altro che totale. E' probabile che nel momento in cui Simon Pietro si rese conto della sua indegnità, Nostro Signore lo abbia preso per la mano. Questo, almeno, è ciò che le ultime parole della narrazione suggeriscono: 'Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini' (Lc 5,10). Si direbbe un paradosso, eppure sembra che Nostro Signore attiri i Sacerdoti più vicino a sé proprio quando essi sono maggiormente consapevoli della distanza che li separa da Lui. Noi predichiamo in modo efficace la Parola di Dio soltanto quando abbiamo tremato per tanto mistero".

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