Per il Cardinale il male è solo un mistero

Di Danilo Quinto
Camillo Ruini l’altra sera era da Fabio Fazio, a promuovere il suo ultimo libro pubblicato da Mondadori. S’intitola Intervista su Dio e sta avendo un grande successo: è già giunto alla terza edizione. Sono trascorsi sei anni dal suo congedo come Presidente della Conferenza Episcopale e quattro dal termine del suo incarico come vicario del Papa per la diocesi di Roma, ma Ruini – che attualmente è Presidente del Progetto culturale della Chiesa italiana e
coordina la Commissione internazionale sulle apparizioni di Medjugorje – resta uno dei Cardinali più eminenti ed influenti della Curia romana.
Da lui non ci si può aspettare cose banali. È tale la sua cultura, la sua lungimirante e dotta visione delle cose della Chiesa e del mondo, che non ci si può che fidare. Lo si ascolta e s’impara, verrebbe da dire.
Anche l’altra sera, ascoltandolo da Fabio Fazio, a Che tempo che fa, la sensazione che si provava era quella di ascoltare un uomo di cultura, che calibrava e centellinava le parole. Un uomo che sa come attrarre a sé l’attenzione, stra-abituato a parlare in pubblico ed anche davanti ad una telecamera.
Eppure, anche un uomo e un Cardinale con queste caratteristiche, può rimanere senza parole. Che cos’è il male?, chiede Fazio. Un mistero, risponde Ruini. Tutto qui, Cardinale?, diciamo noi. Non una parola di più?
Come spiego a mio figlio piccolo che cos’è un mistero? Posso dirgli che è una cosa che non si conosce, di cui non si sa nulla, un punto interrogativo, come dice lei, aiutandosi anche con i gesti delle mani? Questa è la risposta da dare ai bambini che chiedono che cosa sono gli angeli custodi e da che cosa li proteggono?
Mio figlio associa il male all’inferno, a quella cosa orribile di cui si parla poco, dove vivono i dannati, fisicamente. A quel luogo fisico, quindi reale, dove – come scrive Santa Faustina Kowalska - “la maggior parte delle anime che sono all’inferno, sono anime che non credevano che l’inferno esistesse” e dove le fiamme avvolgono le anime. In eterno. Esistono persone che sono andate all’inferno e sono tornate, per raccontare quello che hanno visto. L’ha fatto Gloria Polo, alla quale Gesù dice: “Tu tornerai indietro, per dare la tua testimonianza, che ripeterai non mille volte, ma mille per mille volte. Guai a chi, ascoltandoti, non cambierà, perché sarà giudicato con più severità. E questo vale anche per te e per i consacrati che sono i miei sacerdoti e per chiunque altro non ti darà ascolto: perché non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, né peggior cieco di chi non vuol vedere”.
Sbaglia mio figlio, Signor Cardinale, a credere nell’inferno e a ritenere vero, come suo padre e sua madre gli hanno insegnato, quello che sosteneva San Paolo, che parlava del demonio come “dio di questo secolo”, che agisce con grandi poteri di perversione?
Sbaglia a pensare a Satana, sempre in base a quanto gli hanno insegnato i suoi genitori, come ad una realtà spirituale, personale, che ha volontà, pensieri e metodi falsi, attraverso i quali assoggetta il mondo, che è tutto sotto il suo dominio? Tutto.
Sbaglia a pensare che il male sia la realtà contro la quale dovrà combattere giorno dopo giorno nella sua vita?
Sbaglia a ritenere che “La Scrittura attesta la nefasta influenza di colui che Gesù chiama omicida fin dal principio (Gv 8,44), e che ha perfino tentato di distogliere Gesù dalla missione affidatagli dal Padre”? (1 Gv 3,8). (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 394).
Sbaglia a credere che “La potenza di Satana però non è infinita. Egli non è che una creatura, potente per il fatto di essere puro spirito, ma pur sempre una creatura: non può impedire l'edificazione del regno di Dio. Sebbene Satana agisca nel mondo per odio contro Dio e il suo regno in Cristo Gesù, e sebbene la sua azione causi gravi danni – di natura spirituale e indirettamente anche di natura fisica – per ogni uomo e per la società, questa azione è permessa dalla divina provvidenza, la quale guida la storia dell'uomo e del mondo con forza e dolcezza. La permissione divina dell'attività diabolica è un grande mistero, ma noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio (Rm 8,28)”. (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 395).
Vede quante cose si possono dire sul male, signor Cardinale? Se si racconta che il male è un mistero e che il bene trionferà, non si spiega nulla. Il mistero riguarda la “permissione divina dell’attività diabolica”, non l’esistenza reale, della realtà spirituale dei demoni. Schiere di demoni operano nel mondo, per sottrarre le nostre vite all’unica felicità che ci è possibile: la certezza dell’amore di Dio.
Oggi, la parola diavolo non si usa più. Neanche nelle Chiese. È un segno grave dei tempi che viviamo, perché quando non si crede più nell’esistenza del principe del male, la conseguenza non è di poco conto. La necessità d’indicare una responsabilità per il male che si realizza, infatti, resta comunque. La si attribuisce, di volta in volta, ad altri. Anche a categorie di individui, come ha fatto il nazismo con gli ebrei. Come se gli istinti omicidiari o le violenze brutali fossero il frutto di banalità. La noia, appunto, o la mente pazza di un uomo. Non ci si deve stupire se si è arrivati a tanto. Il relativismo etico - la forza più devastante e pervasiva della nostra modernità - priva l’essere umano della sua spiritualità, lo rende schiavo di un materialismo che lede, in maniera irreparabile, la sua identità, gli impedisce soprattutto di dare al bene ed al male il loro nome e la spiegazione appropriata dei fatti che accadono. Diceva il messaggio di Benedetto XVI per la Quaresima dello scorso anno: “Il diavolo è all’opera e non si stanca”. Se ci guardassimo attorno e soprattutto dentro noi stessi, ci accorgeremmo che rispetto a quello che accade, è questa la verità, così semplice e chiara, così accecante, che non riusciamo più a vederla.
San Tommaso scriveva: “Nulla si oppone al fatto che la natura umana sia stata destinata ad un fine più alto dopo il peccato. Dio permette, infatti, che ci siano i mali per trarre da essi un bene più grande”. Parole semplici, per spiegare i mali che ci affliggono, spirituali e materiali. Parole non misteriose, ma reali, che fanno parte della dottrina cattolica. Quella antica, non modernista – alla Martini, per intenderci – che vuole edulcorare tutto, anche l’esistenza del male, per non parlarne e, in molti casi, per non occuparsene. Non occuparsi del male e non definirlo nella sua nettezza, significa non occuparsi di Dio, che si fa Uomo proprio per combattere il male reale e per dare all’umanità, attraverso il sacrificio di Suo figlio e la promessa della Resurrezione, l’unica speranza di salvezza.

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