Successo

“Per quello che abbiamo fatto sarei dovuto finire in galera, ma al contrario, sono finito a Hollywood”. 

Questa singolare e curiosa battuta appartiene al celeberrimo attore, regista e sceneggiatore cinematografico statunitense George Orson Welles (1915-1985) che, attraverso una trasmissione radiofonica popolare, il 30/10/1938 (aveva allora solo ventitré anni) suscitò un clamoroso ed incredibile panico tra gli ascoltatori americani facendo credere loro che fossero stati attaccati dai marziani.

Leggendo ed interpretando con accenti drammatici il romanzo: “La guerra dei mondi” di George Herbert Wells (quasi suo omonimo) divenne così noto al grande pubblico e da quella vicenda trasse la possibilità di sviluppare anche nel cinema il suo impareggiabile talento. Rimasto orfano di entrambi i genitori già all’età di quindici anni, Orson Welles comprese fin da subito quale sarebbe stata la sua vocazione, ovvero ciò a cui era stato chiamato: il cinema. “Sono solo un poveraccio che cerca di fare del cinema” soleva dire molto umilmente. La capacità di sorprendere intelligentemente attraverso la maestria delle interpretazioni, la genialità dei rimandi letterari (Shakespeare in particolare, al quale dedicò opere memorabili come Otello e Falstaff), il fine senso dell’umorismo che lo contraddistinse hanno fatto sì che nel 2002 la British Film Institute lo proclamasse come il più grande regista della storia del cinema. Soprattutto con il capolavoro: “Citizen Kane” (1940), conosciuto in italiano con il titolo: “Quarto potere”, Welles ottenne un clamoroso e meritato successo, tanto da far considerare la pellicola cinematografica come il più bel film di tutti i tempi. 

“Lo scopo del film – affermava Orson Welles- risiede nel proporre un problema piuttosto che risolverlo”. 

La critica che lo sceneggiatore, regista ed attore principale del film (lo stesso Orson Welles veste i panni di Charles Foster Kane )propone è quella del potere e dei mezzi che si pongono per raggiungerlo. Il cittadino di successo Kane, divenuto magnate della carta stampata ed industriale ricchissimo, ci mostra con intensità drammatica e poetica l’incapacità di stabilire relazioni umane importanti quando, per ottenere la fama ed il prestigio economico, perfino ad un ragazzino vengono sottratte le gioie familiari e la possibilità di giocare e fantasticare. 

L’accumulare di cose, di denaro, di donne fa trasparire il deserto spirituale interiore dell’uomo di successo e rimanda ad un qualcosa di più (il bisogno trascendente) che nessun bene materiale può colmare. 

Questo film ci stimola quindi a pensare ed a rivedere lo scopo della nostra vita. Cos’è che può riempire il cuore dell’uomo? Alla fine della sera di quale “tesoro” dovremo render conto ? 

Impariamo sorridendo, sempre confidando nella misericordia di Dio onnipotente, della illusorietà di ogni successo o potere mondano. 

“Quarto potere” ci pone dinanzi ad una grande paradossale constatazione: “Non c’è nulla che rechi il fallimento come il successo”.
Fabio Trevisan, Vice-Presidente di Fede & Cultura

1 commento:

Anonimo ha detto...

mah, non mi convince questa lettura.
Secondo me è una critica alla società multimediale e quindi dovrebbe essere un severo monito a chi si affida ciecamente al demagogo plutocratico televisivo di turno.
"Non c'è nulla che porti voti come la televisione."

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