La storia è tutta una sciocchezza?

“Voi tutti ricordate – disse il Governatore – quel bellissimo e ispirato detto del nostro Ford: la storia è tutta una sciocchezza”. Agitò la mano ed era come se, con un invisibile piumino, egli avesse spazzato via un po’ di polvere.

Aldous Huxley (1894-1963) scrisse il romanzo : “Il mondo nuovo” nel 1932 (dalla quale è tratta la frase sopracitata) suscitando, soprattutto nel mondo anglosassone, un ampio dibattito sul significato di questa visione del mondo, definita anche utopia negativa o contro-utopia. Se, infatti, il desiderio umano può aspirare a voler contribuire a realizzare una società ideale (utopica), lo scrittore inglese gli contrappone un modello sociale nel quale temerne la realizzazione, appunto un’utopia negativa. Nel 1958, attraverso una raccolta di saggi intitolata: “Ritorno al mondo nuovo”, Huxley andò a verificare quanto quella contro-utopia
del suo romanzo del 1932 fosse stata accolta nella civiltà occidentale. Il Governatore Mustafà Mond, seppur pateticamente, ci fa un po’ sorridere e riflettere; non basta ovviamente un piumino per cancellare la storia, la memoria dell’uomo : “Una spolveratina, via le cattedrali; una spolveratina, un’altra, via Re Lear e i Pensieri di Pascal. Una spolveratina, via la Passione; una spolveratina, via il Requiem…”. Sembrerebbe tutto così banale e superficiale, ma in realtà non lo è; il piumino non può ovviamente cancellare la memoria ma il vero pericolo è quello di non usarlo … per fare pulizia! Ed ecco allora che le cattedrali vengono coperte dalle ragnatele e dalla polvere dell’indifferenza e dell’ignoranza, così come i drammi di Shakespeare o i pensieri dello scienziato-filosofo Blaise Pascal vengono ritenuti inutili nella società secolarizzata. E così la Passione di Gesù Cristo non ha a che fare con la vita di ogni giorno come la grande arte, la grande musica. Questo è lo spettro paventato da Aldous Huxley: il mondo nuovo edonista e appagato, compiaciuto e ristretto in una visione solo mondana. Qual è il posto di Dio in una società di questo tipo? Lo rivela sempre l’autore inglese nel confronto tra il Governatore e il Selvaggio (ovvero l’uomo che non accetta l’orizzonte mondano e pragmatico del mondo nuovo).  Affermerà il Selvaggio: “Ma Dio è la ragione d’essere di tutto ciò che è nobile, bello, eroico. Se voi aveste un Dio…” a cui risponderà il Governatore: “La civiltà non ha assolutamente bisogno di nobiltà e di eroismo e in una società organizzata come la nostra nessuno ha delle occasioni di essere nobile ed eroico. Dove ci sono guerre, dove ci sono giuramenti di fedeltà condivisi, dove ci sono tentazioni a cui resistere, oggetti d’amore per i quali combattere o da difendere, là certo la nobiltà e l’eroismo hanno un peso. Ma ai nostri giorni non ci sono guerre. La massima cura è posta nell’impedirci di amare troppo qualsiasi cosa. Non c’è nulla che rassomigli a un giuramento di fedeltà collettiva … noi preferiamo le comodità”. La risposta finale del Selvaggio condensa la volontà di vivere in una società in cui il posto di Dio sia centrale: “Ma io non ne voglio di comodità. Io voglio Dio, voglio la poesia, voglio il pericolo reale, voglio la libertà, voglio la bontà…”. Disse Mustafà Mond: “Insomma voi reclamate il diritto di essere infelice”. In tono di sfida il Selvaggio disse: “Ebbene, sì, io reclamo il diritto di essere infelice”.
Ci serva da monito e da sollecitazione per andare a verificare, come Aldous Huxley, quanto quel mondo nuovo sia ancora presente nella nostra società, nel  2011.
(Fabio Trevisan, Vice-Presidente di Fede & Cultura)

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